Omelia (25-07-2004) |
don Mario Campisi |
Una preghiera, ma non una formula magica Più di qualche volta mi è capitato, negli incontri con i giovani e con gli adulti, di trovarmi di frote a dubbi di fede, a perplessità, a zone di oscurità e a domande che non possono trovare una risposta immediata. Le persone che accettavano di svelare le debolezze e le incertezze della loro fede erano spesso preoccupate. Ritenevano di trovarsi in una sorta di margine, temevano di allontanarsi sempre più dall'esperienza di Dio. Pensavano che il dubbio fosse un peccato, una macchia scura su una fede che doveva essere limpida in ogni sua parte. In quelle occasioni ho sempre ricordato che non è il dubbio ad uccidere la fede. Anzi, nella misura in cui tiene desta la voglia di cercare una risposta a domande profonde, esso, - quasi paradossalmente - contribuisce a tener in vita il rapporto con Dio. Quello che uccide veramente la fede è l'assenza di desiderio. Quando, davanti alla Scrittura, non si hanno domande da porre... Quando i fatti della vita quotidiana, della piccola e grande storia che stiamo costruendo, non suscitano interrogativi... Quando non partecipiamo alle gioie e alle fatiche, ai successi e ai fallimenti di quanti ci circondano... Quando non sale dal nostro cuore un'invocazione a Dio, per avere più luce, più saggezza, più forza... Quando non si avverte la mancanza di una Presenza, di una Parola... allora sì la fede sta languendo ed è ormai prossima alla morte. Gesù lo afferma con forza, senza mezzi termini: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". Ma allora perché le nostre richieste non ottengono così spesso il frutto sperato? Forse bisognerebbe ricordarem, a questo proposito, la differenza - di non poco conto - tra bisogno e desiderio. Desiderare Dio non vuol dire mettere le mani su di Lui, fargli fare quello che vogliamo, esercitare su di lui un potere. Desiderare Dio non vuol dire risolvere magicamente i nostri problemi e chiudere una volta per tutte la ricerca di Lui. la continuità nel rapporto di Alleanza, l'ascolto della sua Parola. Un'attesa del genere deriva più dal bisogno, che dal desiderio. E il bisogno - di pane come di amore - ha un funzionamento pericoloso. E' "divorante". E purtroppo non è solo il pane a scomparire, quando ci sediamo affamati a tavola. Sono anche le persone a cadere in un nostro abbraccio soffocante quando avvertiamo il bisogno di amicizia, di affetto e non sappiamo rispettare i tempi, la distanza, la differenza, l'alterità. da questo punto di vista la preghiera che Gesù insegna ai suoi discepoli è tutta percorsa dal desiderio e non dal bisogno. Nasce da un rapporto di fiducia in Dio, non da una contrattazione di tipo mercantile. Esprime prima di tutto la speranza nel Regno, nel suo progetto, non vuole asservire Dio alle nostre attese. E, solo dentro questo quadro, domanda anche pane e misericordia e soccorso nel tempo della prova. Una preghiera da figli non una formula magica per ottenere qualsiasi cosa. |