Omelia (11-07-2004) |
don Mario Campisi |
Nei panni del poveraccio Ecco una parabola che è stata troppo spesso banalizzata, nella predicazione e nella catechesi. Sì, perché in questo racconto, così sconvolgente all'epoca di Gesù, nulla è lasciato al caso. Ma la conclusione non è un generico: "bisogna amare il prossimo". Tutt'altro! Il racconto di Gesù vuole condurre ad un approfondimento ben più consistente... C'è un dato che allerta la nostra attenzione fin dal principio del dialogo tra Gesù e questo maestro della Legge: Gesù non dà risposte, si limita ad interrogare. Assistiamo, in effetti, quasi ad un duetto di interrogativi: "Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" - "Che cosa sta scritto nella Legge?"; "E chi è il mio prossimo?" - "Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". Ma a che cosa serve allora la parabola, dal momento che Gesù non fornisce nessuna risposta? Semplice: serve a passare da una domanda all'altra, a formulare bene la domanda. "Chi è il mio prossimo". Quando si ha la pancia ben piena, quando si è in salute, quando non ci manca nulla è facile mettersi a distinguere e a tagliar fuori: i miei familiari sì, gli estranei no; i simpatici sì, gli antipatici no; i connazionali sì, gli stranieri no... Gesù si serve di un racconto che ha dell'inverosimile per farci cambiare posizione. Sì, il suo scopo è proprio questo. Vuoi dare la risposta giusta? Mettiti nei panni del poveraccio: chi è il suo prossimo? Qualsiasi persona l'aiuti, anche un eretico, uno straniero come il samaritano, può diventare il suo prossimo. Perché quando si sta tanto male, quando ne va della vita... ebbene non si ha voglia di fare distinzioni e discriminazioni. Il primo che ti lancia una ciambella di salvataggio, il primo che si accorge di te e della tua sofferenza, il primo che ti dà una mano concreta è il tuo prossimo. Brutto o bello, amico o nemico, della tua razza o di un'altra razza. per far passare questo messaggio Gesù ha fatto ricorso alla sua arte di narratore e ha "incastrato" il maestro della Legge obbligandolo a dare da sé la risposta. Il tutto è stato possibile grazie ad un piccolo trucco. per il dottore della Legge il "prossimo" è "colui che può/deve essere aiutato". Ma nella domanda di Gesù il "prossimo" è "colui che aiuta". Grazie a questo cambiamento colui che è venuto per "mettere alla prova Gesù" è quasi costretto a dare una risposta imprevista. "Gli organi di un arabo, morto i questi giorni, a favore di un israeliano": così titolava qualche tempo fa un quotidiano. Ecco, nel cuore di uno scontro molto violento, la parabola che diventa realtà, duemila anni dopo. Perché qualcuno ancora una volta non ha detto: "Che cosa capiterà a me, se mi fermo in questo difficile momento e soccorro un nemico?", ma si è detto. "Che cosa capiterà a questo poveraccio, se nessuno lo aiuta?". Ed ha avuto compassione. benedetto sia Dio che continua a far fiorire su questa terra, così macchiata di sangue, la compassione e l'amoreper il "prossimo"! |