| Omelia (15-12-2013) |
| dom Luigi Gioia |
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Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Nessuno conosceva Gesù, nessuno era più amico di Gesù, nessuno era più vicino a Gesù di Giovanni il Battista. Erano coetanei. Nell'annunciare a Maria che sarebbe stata la madre di Gesù, l'angelo le dice anche che sua cugina Elisabetta era al sesto mese di gravidanza. Giovanni il Battista era sei mesi più grande di Gesù, quindi suo coetaneo. Tanti sono i dipinti -c'è per esempio un famoso cartone diLeonardo alla National Gallery di Londra detto "di S. Anna" con la Vergine, Gesù e Giovanni- che rappresentano Gesù e Giovanni Battista bambini che giocano insieme. Lo Spirito Santo li ha unti entrambi fin dal grembo materno lo Spirito: Gesù è stato concepito per opera dello Spirito; Giovanni ha esultato nel grembo di Elisabetta al saluto di Maria, profetava già prima di nascere. Storicamente i Vangeli non ci dicono nulla di cosa entrambi abbiano fatto nel periodo di tempo che va dal momento della loro nascita fino a quando li troviamo al Giordano per il battesimo di Gesù. E' probabile che abbiano vissuto, forse insieme, alcune esperienze ascetiche o monastiche, in particolare con gli Esseni, questa comunità molto singolare che aspettava il messia. E' certo comunque che Gesù e Giovanni il Battista fossero profondamente legati l'uno all'altro non solo dalla parentela, ma anche dall'amicizia e dallo zelo per il servizio del Signore. Nulla lo esprime con più eloquenza della splendida frase di Giovanni a proposito di Gesù: "L'amico dello sposo prova gioia alla voce dello sposo" (Gv 3, 29). C'era veramente una gioia reciproca in questa amicizia tra Giovanni il Battista eGesù, in questa comune vocazione per l'annuncio della venuta del Regno. D'altra parte, Giovanni il Battista era forse un personaggio più carismatico di Gesù. Attirava le folle. Si vestiva in modo originale, usando pelli di cammello; si cibava solo di miele selvatico e di cavallette. Era un tipo speciale. In questo incontro solenne per il battesimo, lo si vede da una parte inchinarsi davanti a Gesù riconoscendo in lui il messia, ma d'altra parte determinato a imporre a Gesù come fare le cose. Gesù vuol farsi battezzare, ma Giovanni il Battista cerca di correggerlo: "No, non bisogna fare così". Quindi aveva un certo carattere, era consapevole della sua autorità, del suo carisma Nel Vangelo di oggi lo troviamoin prigione per aver denunciato l'incesto del re Erode. Sa che sta per morire e manda alcuni dei suoi discepoli a porre questa domanda sorprendente a Gesù: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?". Questa è una domanda ci stupisce. Vuol dire: "Sei tu il Messia, si o no?". Chiesta da chiunque altro, una tale domanda non avrebbe nulla di strano. Ma posta da Giovanni il Battista è una domanda che sorprende: non è forse proprio lui colui il quale ha ricevuto la missione, la grazia di indicare il Messia? Non è forse Giovanni che appena vede Gesù afferma con decisione: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo"? Non è Giovanni colui che dice ai suoi discepoli: "A partire da oggi non seguite più me, seguite Gesù"? Diversi dei discepoli e degli apostoli che seguirono Gesù, infatti, erano stati prima discepoli di Giovanni il Battista. In un certo senso Giovanni Battista li ha dati a Gesù. Chi più di lui dunque sapeva che Gesù era il Messia? La domanda di Giovanni il Battista a Gesù, dunque, non esprime un dubbio ma è una provocazione. E' un modo di dire a Gesù: "Se sei il messia, agisci da messia, comportati da messia!". Già nel vangelo di domenica scorsa si percepiva quanto Giovanni il Battista avesse una sua idea di come si sarebbe dovuto comportare il messia. Aspettava un messia forte, un messia che sarebbe venuto per bruciare, per giudicare con la spada, non un messia che invece "non contesta, non grida, né fa udire la sua voce sulla piazza" (Cf. Mt 12, 18ss). Gesù sembra troppo debole a Giovanni. Giovanni era vestito di pelli di cammello, era un asceta. Gesù non era un asceta, si vestiva come tutti gli altri, si presentava in modo molto semplice, mangiava a casa di pubblicani e peccatori, partecipava ai banchetti nuziali. Giovanni aspettava un messia che ristabilisse la giustizia, che condannasse il male e agisse contro di esso con energia, invece eccone uno che denuncia certo il male, ma lascia le cose come sono. Gesù non cambia nulla. Fa appello al cuore delle persone, ma non obbliga nessuno, non condanna, non giudica. Giovanni aspettava un messia che proferisse parole di fuoco, ed eccone uno che parla con dolcezza, mite ed umile di cuore(Cf. Mt 11, 28ss). All'inizio Giovanni riesce a contenere la sua sorpresa, forse la sua delusione. Attende un giorno, un mese, un anno, due anni, forse pensando che fosse solo una questione di tattica e che prima o poi il vero volto del messia, il fuoco e la scure, sarebbero venuti fuori. Giunto però al momento di morire, vedendo che Gesù continua ad adottare questo profilo basso, gli manda a dire: "Non sarebbe il momento di cominciare a comportarsi da messia?". La risposta di Gesù testimonia della complicità che esiste tra lui e Giovanni. E' una risposta criptata, una risposta incomprensibile a coloro che devono riferirla. Gesù sa che il suo amico Giovanni il Battista capirà. Gli fa dire: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Si potrebbe pensare che il senso di questa frase sia: "andate e riferitegli i miracoli che io compio". Non sarebbe cosa da poco. Ma la verità è più profonda, perché i miracoli nel vangelo hanno un sensoprecisoe svolgono un ruolo particolare. Il vero senso delle parole di Gesù è questo: andate e riferite a Giovanni il Battista che c'è finalmente della gente che vede, della gente che ode. C'è finalmente della gente che sente la chiamata del Padre. C'è finalmente della gente che, quando vede me, attraverso me vede il Padre. C'è finalmente della gente che ha fede, che mi segue. E chi mi segue non sono quelli che sembravano dei giusti, ma sono le persone più inaspettate: sono gli zoppi, sono i morti, sono le prostitute, sono i pubblicani, i peccatori pubblici odiati da tutti. Sono gli zeloti, che erano dei fondamentalisti, i terroristi islamici dell'epoca, che facevano attentati e uccidevano persone innocenti per scopi politici. E' come se oggi un certo numero di terroristi islamici si convertissero, dall'oggi al domani. Questi sono i veri morti, quelli che non credono. E questi, tutto ad un tratto vengono alla fede. Sembra una cosa banale. Ma riflettiamoci sopra. Ci sembra banale la domenica mentre tantissime persone stiano volentieri a letto a dormire fino a tardi, tanti cristiani invece si alzino per venire a messa? Sembra una cosa banale che mentre tanta gente consideri la domenica solo come un giorno in cui andare a fare spesa, fare un buon pranzo, andare a passeggio (e li sentiamo dire "Dobbiamo alzarci presto tutta la settimana, tutta la settimana abbiamo doveri da compiere, almeno la domenica possiamo restare in pantofole tutta la giornata") - ebbene, i cristiani invece si scomodino per venire in chiesa? Se noi cristiani si alziamo, ci scomodiamo anchedi domenica, se andiamo in chiesa, non è per dovere, ma per scelta, per convinzione. E' perché la parola di Dio ci parla. Quindi questo vuol dire che ascoltiamo, che sentiamo la voce del Signore. Andiamo a messa perché, quando vediamo il pane e il vino sull'altare, riconosciamo in essi il corpo e il sangue di Cristo. Quindi vediamo una cosa che altri non vedono. Ci riuniamo per la celebrazione dell'eucaristia perché siamo coscienti del fatto che non siamo semplicemente delle persone isolate che vivono ciascuno per conto proprio, parti di una città, di una società civile come tutte le altre, ma perché siamo membri di un corpo che è il corpo di Cristo che è la Chiesa. Ci riuniamo la domenica per dare visibilità a questo corpo, per sia manifestato al mondo. Tutto questo ci sembra banale? Oggi, se Gesù dovesse rispondere alla stessa domanda di Giovanni il Battista direbbe: "Vieni in una qualsiasi parrocchia a vedere tutte queste persone riunite per ascoltare la Parola e per cibarsi del pane e del vino di vita; tutte queste persone che vedono e odono; vieni ad assistere al miracolo della fede, al miracolodella conversione". Siamo spesso portati a dare la fede per scontata. Quando si è avuta la grazia di crescere in famiglie cristiane, quindi la fede è stata trasmessa, in un certo senso, con il latte materno, e quindi abbiamo sempre creduto, non ci rendiamo conto di quale miracolo essa rappresenti e del cambiamento che implichi nella vita di una persona. Mi è capitato diverse volte di vedere persone che si convertono o che ritrovano una fede che si era addormentata. Il cambiamento è incredibile. Persone che erano nell'angoscia, nella sofferenza, che avevano perso il senso della vita, ritrovano la pace, la serenità. Prima vivevano disordinatamente, ma con il dono della fede ritrovano la capacità di vedere ciò che non va nella loro vita, perché i loro occhi si sono aperti, il loro cuore si è schiuso. Questo succede ancora oggi. "Andate, dite a Giovanni il Battista...". Dovremmo andare a dirlo a chi ancora non crede: "Guardate che c'è gente che ritrova il senso della vita, ritrova la pace, ritrova la serenità, vede, ode grazie alla Parola, grazie a Gesù Cristo e grazie al suo strumento, imperfetto, lacunoso, ma pur sempre il suo strumento di salvezza che è la Chiesa". E' legittimo avere dubbi. E' legittimo chiedersi: "Ma questa Chiesa, questo messaggero che ci porta la Parola, è la vera Chiesa oppure no? Questa Chiesa, i cui ministri sono così peccatori, o spesso sono semplicemente così incapaci; questa chiesa che purtroppo è così piena di scandali, o questa chiesa che semplicemente è così umana, è troppo umana, può essere veramente la Chiesa di Dio?" E' più che legittimo avere questi dubbi. Però -e questo sorprende prima di tutto chi è un ministro nella chiesa -pur attraverso così tanti limiti, pur attraverso i mille difetti della nostra istituzione, pur nella nostra povertà, pur nel nostro peccato, pur nella nostra insufficienza, non possiamo non constatare che la nostra Chiesa continua, per grazia di Dio, ad essere uno strumento di conversione. Attraverso di essa ancora oggi innumerevoli persone ritrovano la pace, ritrovano la serenità, ritrovano il senso della vita. Attraverso il suo annuncio della Parola, gli occhi di innumerevoli persone si schiudono, le orecchie si aprono e finalmente vedono, odono il Signore e le vite cambiano, rinasce la speranza, la vita acquista un senso, un sapore nuovo. Quindi vuol dire che il Signore è presente, che è vicino, che agisce. E' presente in mezzo a noi, nella sua Chiesa. Non lasciamoci ingannare dalle apparenze. Il Signore guarda il cuore. Non lasciamoci scoraggiare se vediamo troppi pochi progressi, anzi se vediamo i nostri contemporanei allontanarsi sempre più dalla fede, almeno apparentemente. Non scoraggiamoci. Il Signore è qui, agisce,è presente e per esserne sicuri basta interrogare il nostro cuore, basta vedere ciò che la fede opera nei cuori. E con umiltà e discrezione, nel momento opportuno, testimoniarne. |