| Omelia (15-12-2013) |
| CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
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Commento su Isaìa 35,1-6.8.10; Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11 Nel tempo di Natale, quando la festa si fa più vicina, la Parola ci offre un invito alla gioia: nella prima lettura immagini e descrizioni coinvolgono tutto e tutti -noi compresi- nell'attesa di qualcosa di bello da parte del Signore, che ne è protagonista e che interviene nella storia per costruire una strada dove ricondurre il suo popolo. Noi, suo popolo, non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla tristezza e dal pianto ma dobbiamo essere partecipi di questa gioia in modo attivo, con coraggio, rinfrancando i nostri cuori e irrobustendo mani fiacche e ginocchia vacillanti. Questa disposizione permette di alimentare la nostra speranza: Dio non ci lascia mai soli ed entra anche nella nostra storia, liberando le nostre strade da paura, ansia, dubbi perché Egli è in grado di compiere azioni incredibili (ciechi che vedono, sordi che odono, muti che parlano, deserto che fiorisce). In questo ritroviamo la chiave di lettura del Natale: il Natale è speranza e i doni che i nostri bambini ben conoscono sono il simbolo di attesa che viene soddisfatta e riempie di gioia e ci fa sentire amati. Il tema della gioia è accostato nella seconda lettura a quello della costanza che alleggerisce il cuore: san Giacomo invita a mettersi nella disposizione d'animo dell'agricoltore che non guarda a quello che sta facendo, ma al fine per cui sta agendo: ha fiducia che il seme messo sottoterra curato con coraggio e costanza a tempo debito darà il suo frutto. Anche noi dobbiamo saper aspettare il tempo giusto, saper attendere e curare con una prospettiva di un bene più grande ma non immediato e prepararci per quello. Il modello del profeta è di chi si fa strumento del disegno di Dio e aiuta a preparare la via santa senza lasciarsi trascinare nella lamentela e nel giudizio dei fratelli, perché non si comportano come ci si aspetterebbe. Il Vangelo ci riporta il dialogo a distanza tra Gesù e Giovanni Battista, l'ultimo profeta, voce di Dio, chiamato a preparare la via del Signore: egli è costante, si lascia condurre da Dio, non discute, non è inflessibile; sta nel mondo ma non si lascia guidare dal mondo, non è una canna che si lascia piegare dal vento e pur godendo di notorietà non utilizza la posizione a suo vantaggio rinunciando a vivere comodamente. Dal carcere Giovanni dubita: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»; quasi come a lamentarsi che Gesù non sia il messia che si aspettava: non appare con forza, non guida eserciti, non risolve la complicata situazione politica del popolo ebraico sottoposto al dominio romano. Il dubbio di aver speso la propria vita e di sacrificarla per qualcosa che non sembrava accadere probabilmente aveva prevalso anche su di lui. La risposta di Gesù è diretta a Giovanni ma anche a noi cristiani, perché non siamo esentati dall'incertezza. Come già Isaia nella prima lettura Egli dice che qualcosa sta già capitando, oppure è già successo: i ciechi che riacquistano la vista, i muti che parlano, i malati che sono risanati sono il segno che il regno di Dio è già presente in mezzo a noi, non è qualcosa che deve ancora venire! Per la riflessione personale e di coppia: - Nelle nostre famiglie, piccole o grandi comunità, quali sono i motivi di gioia? In che cosa cerchiamo la gioia? - In quali occasioni o in che cosa siamo costanti? - Quali segni della presenza del regno di Dio in mezzo a noi riusciamo a cogliere? |