Omelia (30-05-2004) |
padre Paul Devreux |
Commento Giovanni 15,26-27; 16,12-15 Oggi festeggiamo la Pentecoste, che significa: cinquanta giorni. E' un antichissima festa in cui si offrivano alle divinità le primizie dei raccolti. Il raccolto era una promessa di vita per un solo anno. Poi il popolo Ebreo la trasformò. E' diventato il giorno in cui si ricorda la consegna delle tavole della legge a Mosè sul Sinai. Già in quell' occasione vi fu una teofania, fatta di fumi, fuochi e tuoni, tanto che nessuno osava avvicinarsi al monte. Il dono della legge è già una promessa maggiore, perché consente al popolo di vivere in pace e quindi di prosperare. Noi cristiani vi celebriamo la venuta dello Spirito Santo sugli Apostoli, "che è Signore e dà la vita". Siamo passati da una semplice promessa di sopravvivenza per un anno, ad una promessa di vita in comunione con Dio. Per gli Apostoli, la venuta dello Spirito Santo, ha cambiato tutta la loro vita. Prima vivevano nella paura di essere arrestati e non sapevano cosa fare. Dopo non hanno più paura, e sanno cosa fare e dire. Senza questo Dono, la Chiesa non sarebbe mai nata e non saremmo qui a pregare. Chi è oggi, per noi lo Spirito Santo? E' la risposta ai nostri perché; è colui che ci permette di raggiungere l'irraggiungibile, è Dio che viene in noi per portarci a Lui, ma principalmente direi che è colui che in me grida Abbà Padre. E' colui che risveglia in me il bisogno e il desiderio di Dio e di eternità. E' colui che piano piano, ma con la costanza del vento, mi spinge verso il Padre e mi porta a gridare anch'io con lui: Abbà Padre. Lo Spirito viene definito Paraclito; che significa difensore, avvocato, persona di fiducia, intercessore e consolatore. Arriva "all'improvviso", quando meno te lo aspetti, portando luce e grandi novità, che possono trasformare la nostra vita dal di dentro, come ha fatto con gli Apostoli, san Paolo, Sant'Agostino, San Francesco, e come può ancora fare con noi. Invochiamolo, nel nome di Gesù. |