Omelia (01-09-2013) |
Ileana Mortari - rito romano |
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato E' noto che, sulla scorta di vari passi della Scrittura, nel mondo giudaico il banchetto prefigurava il Regno di Dio; anche Gesù, che si pone sempre in continuità con la rivelazione del Primo Testamento, utilizza molto questo simbolismo, sia nei suoi discorsi che partecipando di fatto a momenti conviviali, un "segno" anticipatorio della mensa eucaristica, e della futura definitiva comunione con Dio. Il cap. 14° di Luca ci presenta uno di questi momenti, in cui Gesù accetta l'invito a pranzo di un capo fariseo e, prendendo spunto dal comportamento del padrone e degli invitati, indica due criteri fondamentali di identificazione del vero discepolo. Il primo si rifà ad una tradizione sapienziale, biblica e giudaica, che ammoniva a non insuperbirsi e a non presumere troppo di sé, per non cadere nel ridicolo: "Invece, quando sei invitato - dice Gesù - va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali." (v.10) Il secondo intervento del Nazareno dovette poi costituire un vero e proprio "shock", un pesante macigno gettato nello stagno tranquillo di quei signori benpensanti, pienamente soddisfatti e orgogliosi della loro posizione socio-religiosa, certo oggetto di molta invidia: "Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi."(v.13). Erano queste le categorie più disprezzate dalla comunità ebraica, perché secondo la mentalità del tempo recavano nella loro stessa carne o comunque nella loro condizione il marchio infamante della maledizione divina, tanto che già dal tempo di Samuele non potevano accedere al tempio e secondo i testi di Qumran sarebbero stati senza alcun dubbio esclusi dal banchetto escatologico del Regno di Dio. Ora Gesù afferma senza mezzi termini che proprio e solo accogliendo gente di tal fatta si potrà essere davvero beati! Dunque le condizioni per accedere al Regno sono fondamentalmente due: l'umiltà, il porsi tra gli ultimi, e una gratuità senza confini. Si tratterebbe di richieste veramente inaudite, incomprensibili e impossibili a realizzarsi, se Gesù stesso non ce ne avesse dato insieme la profonda motivazione e un limpido modello di vita nella sua stessa Persona, dal momento che tutto quello che ha detto prima di tutto lo ha vissuto Egli stesso! A fronte di un malinteso concetto di umiltà intesa negativamente come propria dei deboli, perdenti e remissivi, e notoriamente denunciata dalla filosofia a partire dall'età moderna, la virtù proposta dal Maestro di Nazareth ha invece in sé una grande forza e una grande ricchezza, tanto da costituire la virtù cristiana per eccellenza, quella da cui bisogna sempre ripartire nel cammino di conversione. "Imparate da me - dice Gesù - che sono mite e umile di cuore" (Matteo 11,29). Gesù è umile perché, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma si fece obbediente fino alla morte di croce" (Filippesi 2, 6-8). Tutta la vita di Gesù è stata obbedienza al Padre, cioè riconoscimento della verità più profonda del suo essere: "La Parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato....io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato" (Giovanni 14). Allo stesso modo Egli ci chiede di riconoscere la verità più profonda del nostro essere, che è quella di creature cui tutto è stato donato gratuitamente. La logica conseguenza è che, se "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date"! (Matteo 10,8). E che cosa potremmo mai dare, se non l'avessimo prima ricevuto? Per questo l'umiltà evangelica non è un autoabbassamento o un'autodenigrazione fini a se stessi, ma un fare spazio alla Parola perché possa piantare la sua tenda nel nostro cuore. Molto acutamente S.Agostino ha osservato: "Senti fratello, Dio è molto alto. Se tu sali, Egli va più in alto; ma se tu ti abbassi, Egli viene a te....." Essere umili è allora accogliere Dio, che si è abbassato fino a noi e si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà, e imparare da Lui: "Chi è più grande? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22, 27). E come è stato per Gesù ("per questo Dio l'ha esaltato" prosegue la lettera ai Filippesi prima citata), così sarà per noi: "Dio vi esalterà al tempo opportuno - dice S.Pietro - perché egli ha cura di voi". E allora potremo addirittura sperimentare e dire anche noi, come S.Paolo: "Tutto posso in Colui che mi dà forza!" (Filippesi 4, 13) |