Omelia (18-08-2013) |
Gaetano Salvati |
Commento su Luca 12,49-53 La morte e la risurrezione del Signore Gesù segna l'inizio del tempo finale della storia, quella redenta dal Suo sangue; per cui non è più pensabile il disinteresse e l'estraneità: ciascuno di noi è chiamato a decidersi con o contro il Cristo. Dopo aver parlato, nelle domeniche scorse, del tempo finale (Lc 12,35), ora il Maestro esprime il desiderio che la Sua missione giunga al compimento, mediante il dono della Sua vita: "sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già accesso" (v.49). Il fuoco manifesta il giudizio divino che purifica l'umanità. Si tratta della parola di Gesù, annunciata con le Sue opere e la Sua predicazione, che provoca contrasti, divisioni fra gli uomini. Gli eventuali contrasti sono il segno che la parola di Gesù riduce al nulla le nostre illusioni di sottrarci alla logica pasquale: come il Signore è consapevole del destino di sofferenza che lo attende a Gerusalemme (v.50), anche noi, Suoi discepoli, siamo convocati ad immergerci ("battesimo") nella volontà del Padre; ad aprire il nostro cuore al dono elargito dal Signore a pasqua, la Sua salvezza e la pace (v.51). Non una pace alla leggera, ma che sia il frutto dell'accoglienza totale al disegno d'amore di Gesù su di noi. Il Signore, infatti, non getta acqua sul fuoco delle nostre ansie, agitazioni, lotte, bensì le purifica dalle nostre paure ed egoismi, perché possiamo essere cristiani aperti alla verità, annunciatori di pace nel mondo. Ciò significa che il discepolo fedele, disponibile all'iniziativa di Dio nella storia, fa la Sua volontà, invece di subirla, cresce ed aiuta a perfezionare i fratelli nella carità e nella speranza; collabora, con tutta la chiesa nella corsa verso il compimento della fede (Eb 12,1-2); testimonia, vivendo, che il Signore è una persona, presente fra di noi, non una semplice idea. Amen. |