Omelia (11-08-2013)
Gaetano Salvati
Commento su Luca 12,32-48

Domenica scorsa abbiamo contemplato il modo in cui il Signore Gesù ha cercato di farci aprire gli occhi sull'essenziale della vita: per realizzarci nella storia, per essere suoi discepoli dobbiamo puntare su di Lui. Oggi, Egli ci accompagna ad attraversare "la notte della liberazione" (Sap 18,6), il momento in cui è indispensabile la nostra scelta per la "salvezza" (v.7), incoraggiandoci a non avere timore di abbandonare il superfluo dell'esistenza, o quelle situazioni che distolgono il nostro sguardo dalla verità. Ciò che serve a noi, in questo momento, è indirizzare le nostre azioni, i nostri pensieri e i nostri desideri verso la Sua persona.
"Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12,32). Se accogliamo Dio, il Dio incarnato per stare con noi, non ci manca nulla, poiché la Sua presenza annienta le nostre ansie o le divisioni nella comunità, alimenta la gioia di trovarci insieme, di sentirci fratelli e, soprattutto, dona all'umanità redenta la consapevolezza di appartenere alla "città dalle salde fondamenta" (Eb 11,10), cioè l'eternità, il Regno, il cui "costruttore è Dio stesso" (v.10): il tesoro della vita, l'infinito, il sicuro, non impaurito dal "ladro" né consumato dal "tarlo" (Lc 12,10). Questo tesoro - la fede - è donato a noi, perché possiamo esserne custodi fidati (v.42). Per essere depositari fedeli, attenti, è necessario discernere la verità, cioè individuare, cogliere la volontà di Dio nella nostra vita e non essere distratti dal peccato. In altre parole, il cuore, luogo di discernimento e di verità, va illuminato con la luce divina, che è la risposta che noi diamo alla Sua iniziativa d'amore: se apriamo noi stessi a Lui, contribuiremo a costruire già sulla terra ciò che gusteremo in pienezza nella gloria.
L'ultima parabola del vangelo di Luca (v.42-48) orienta anche la pastorale della Chiesa. Il custode fidato ha il dovere di comportarsi come il padrone: amorevole e con profonda giustizia verso tutti, quasi a mostrare agli altri il volto di Dio nelle azioni che si compiono. Essere discepoli "pronti", "svegli", "prudenti", significa, allora, preparare la grande accoglienza del ritorno del Signore, preparando le piccole accoglienze ad ogni fratello. Amen.