Omelia (28-07-2013) |
don Luciano Cantini |
Il pane dell'amico Se voi dunque, che siete cattivi È una affermazione decisa che non ammette se o ma. Siamo cattivi ma capaci di cose buone: le buone cose che un padre sa fare. In maniera molto sottile Gesù scopre in ciascuno di noi l'immagine del Padre buono, di quel Padre a cui ci chiede di rivolgere la preghiera. È un immagine contrastante che Gesù ci regala in cui coesistono cattiveria e bontà. Ma in questa rivelazione Gesù immette una forza dinamica, prorompente... Insegnaci a pregare Sembrerebbe una domanda strana perché l'educazione alla preghiera - almeno quella rituale - è tipica della tradizione ebraica; Gesù aveva certamente un modo diverso di pregare che colpiva i discepoli tanto da porre la domanda e ottenere risposta: "Quando pregate, dite: Padre". Il Padre che Luca ci racconta è un Padre personale, Padre di ciascuno, e un Padre vicino a ciascuno, un Padre come ciascuno di noi. Matteo (6,9), invece usa l'espressione "nostro" e "che sei nei cieli" ed offre un'immagine universale e distaccata. Luca per farci capire quale rapporto ci lega al Dio-Padre e per dare senso alla preghiera riporta una piccola parabola che Gesù racconta. L'ambito in cui inizia la preghiera è l'Amicizia, o meglio l'intreccio di amicizie che a loro volta si intrecciano con situazioni di bisogno e povertà. Povero è l'amico viaggiatore che chiede ospitalità e di essere rifocillato, povero è l'amico che non ha nulla da offrire e deve chiedere all'amico vicino di casa. Povero è anche l'amico chiuso in casa che per alzarsi deve chiedere ai sui figli di svegliarsi e alzarsi con lui per arrivare alla dispensa e aprire la porta. L'amicizia ha permesso loro di trovare la strada, gli amici si sono costretti a aiutarsi e superare la povertà. Il bisogno del primo ha mosso l'insistenza del secondo che ha annullato la reticenza del terzo. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato Ecco che Gesù ci inserisce in quella ricca relazione di amicizie. Questa è la prima dimensione della preghiera, la base d'appoggio, l'amen. Il Padre è l'amico della porta accanto, colui che parla dal dietro di una porta che sta per aprire. Il bisogno del prossimo è l'ulteriore elemento fondante la preghiera. Il confine della preghiera non è il solo rapporto io tu, tra me e il Padre; la preghiera allarga le barriere e ci trasferisce nel mondo dell'altro da me, i suoi bisogni, la sua realtà che diventa la mia: la preghiera d'intercessione fonda la Comunione, mi conduce oltre me e i miei. C'è ancora un segreto da scoprire: non avere niente da dare, eppure non posso esimermi di dare. La forza della preghiera sta proprio nella "povertà". I "poveri di Jahvè" sanno che la comunione con Lui è il bene più prezioso nel quale l'uomo trova la vera libertà: «Il Signore ama il suo popolo, incorona i poveri di vittoria» (Sal 149,4) Lo Spirito Santo Il quotidiano agire dei padri terreni è per Luca immagine dell'agire divino e, il modo della nostra vita, i gesti familiari di ogni giorno diventano immagine del mistero di Dio e della nostra relazione con Lui. Anche nella nostra cattiveria! Gesù ci rassicura che non dobbiamo avere paura neanche della nostra cattiveria, lui non è venuto per i buoni: "io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Lc 5,32). La preghiera ascoltata è dunque "dei cattivi", non dei buoni (Cfr Lc 18,10). La preghiera viene sempre esaudita e la risposta unica per tutti e per tutte le richieste è il dono dello Spirito Santo. È il dono che il Padre offre "a tutti quelli che chiedono" [non che glielo chiedono], a tutti i chiedenti. Lo Spirito è forza dinamica e prorompente, ci dà la grazia di entrare nel cuore di Dio e vedere con i suoi occhi, con le sue tenerezze e la sua misericordia; di averlo così dentro da pensare come Lui, desiderare come Lui; questo è il rischio della preghiera: il pane dell'amico! |