Omelia (21-07-2013) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. Questa pagina del Vangelo è forse una delle più discusse. L'eterno contrasto tra la posizione di Marta e Maria ha stimolato le menti di quanti pretendono ora di privilegiare il momento meditativo e riflessivo e ora quello pratico e attivo. A ben vedere questo singolare episodio si inquadra nel Vangelo di Luca subito dopo il brano letto la domenica precedente sul buon Samaritano e, quindi, sui bisogni del prossimo. Lì come qui è impossibile pensare a una contrapposizione. La conclusione "Va' e anche tu fa' lo stesso" si completa con "Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta". Affannarsi fuori di questa prospettiva non ha senso perché diviene attivismo fine a se stesso. 2. Come può esserci contraddizione se pensiamo che nel prossimo dobbiamo vedere Nostro Signore che si nasconde in quelle sofferenze? Non sarà proprio san Paolo a dire "a questo scopo mi affatico", per far conoscere quel Cristo per il quale soffro e patisco "e completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo per il suo corpo che è la Chiesa". Marta non è rimproverata per quel che fa', ma perché, come dice Gesù, "invece era assorbita", sembra quasi non avere la predisposizione per l'ascolto e la meditazione. Quello che si fa va perciò fatto per quello che vi è di più importante, "la parte migliore", che non può che essere il Salvatore. 3. Uno scrittore affermò che si può soffrire e anche salire sulla Croce essendo "assorbiti" da altro. Certo, è un'affermazione un po' forte, ma basata sulla costatazione che dei due ladroni posti ai lati di Gesù uno solo sente il bisogno di rivolgersi a Lui e, solo per questo, quella condanna a morte finisce per avere un senso. Quel senso evidenzia, come intuisce Maria, che "una sola è la cosa necessaria". La posizione di Maria non deve, quindi, essere intesa come comoda o, peggio ancora, come una pigra perdita di tempo. Può anche significare lo stare in croce, ma con lo sguardo rivolto verso "la parte migliore, che non le sarà tolta". Questa è la certezza della promessa! 4. Paolo fonda su questa convinzione il suo ministero. Questo senso del mistero "nascosto ai secoli eterni e alle generazioni passate, ora è svelato ai suoi santi". Ostinarsi a non capirlo ci lega al tempo passato in cui, la splendida rivelazione di questa ricchezza, non era conosciuta, come ancora non lo è per quanti si ostinano a rifiutare la speranza annunciata dal Cristo, che ci invita a condividere la sua gloria. 5. Paolo sentì questo come il suo compito primario. Lo dice con parole inequivocabili: "Lui noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ognuno". Poi, di nuovo l'obiettivo, il senso: "per rendere ciascun uomo perfetto in Cristo". Come è difficile oggi ammonire. Forse perché coloro che tentano di farlo dimenticano che Paolo era nelle condizioni di dire: "io gioisco nelle sofferenze che sopporto per voi... in conformità al compito che Dio mi ha affidato a vostro riguardo". Dal suo sforzo di santificazione derivava tutto il resto. |