Omelia (07-07-2013) |
Riccardo Ripoli |
L'operaio è degno della sua mercede Nella vita ognuno di noi ha un compito, un lavoro, una famiglia da mandare avanti, i genitori da accudire in vecchiaia, persone da accudire all'interno di un'associazione. Chi ha fede sente questo come una chiamata di Dio, chi non ha fede la sente come un dovere morale, ma alla fine lo scopo è lo stesso. Si prende il nostro operare come una missione per portare gioia e tranquillità a chi ha avuto meno di noi dalla vita. Nel Vangelo è il Signore a dirci che ogni operaio, ogni persona che lavora alla sua vigna, ha diritto ad essere pagato, ha diritto a ricevere una ricompensa per i suoi servigi. Purtroppo c'è chi prende alla lettera queste parole e di ciò che incassa per beneficenza una parte se la mette in tasca, una parte in un conto in Svizzera e una piccola parte la destina a qualche opera buona, magari stando attento a trarne qualche profitto in termini di favori. Ma la mercede di cui parla Dio è certamente la vita eterna, ma conoscendo la natura umana, il bisogno di avere delle gratificazioni in questa nostra esistenza terrena, ci paga per i nostri servigi. Non certo in termini economici, non facendo piovere la manna dal cielo, ma elargendoci monete di gioia che potremo spendere per acquistare amore, Quella gioia che ci deriva dal vedere un bambino felice nonostante una brutta situazione familiare, un anziano sorridente perché non più solo, un malato terminale consapevole che ci sarà in quel momento qualcuno a tenergli la mano per fargli coraggio, un carcerato che ha avuto il perdono e con esso il desiderio di cambiare vita. |