Omelia (09-05-2004) |
don Mario Campisi |
Sinfonia del nuovo mondo E' un'espressione suggestiva di A. Hamman, che può prestare il titolo alla seconda lettura: una sinfonia da ascoltare (vv. 3-5), un affresco da contemplare (vv. 1-2). Il nuovo mondo è l'ultimo "Evangelo", l'ultima bella notizia offerta alla nostra fede, l'ultima sponda della vita e della storia da leggere con quella "storiografia del profondo", propria della fede, di cui amava parlare Giorgio La Pira. Tutto è nuovo: cieli, terra, Gerusalemme, la città di Dio e degli uomini. Il "nuovo" qualifica appunto tutto ciò che è diverso dal vecchio, il nuovo della novità perenne di Dio e solo di Lui. Qui è il kainòs, il diverso dal vecchio che qualifica tutto ciò che lo sbocco ultimo della vita e della storia comporta di diverso e meraviglioso. L'Apocalisse ci reca, nella seconda lettura di questa domenica, la confortante notizia della "novità" che Dio ha procurato al suo nuovo popolo per la redenzione operata da Cristo. Il tempo pasquale è carico dell'annunzio di questa "novità": tutto è nuovo, il tempo, l'uomo, la vita, il mondo, nel senso che Dio fa nuove tutte le cose, che rimangono essenzialmente quel che erano e acquistano una trasformazione stupenda. Ma bisogna capire e vivere nel senso autentico l'annunzio della "novità". Chi fa così vede che l'annunzio è vero. Dalla sua "novità di vita" il cristiano, "uomo nuovo", sa che "già" può sconfiggere in se stesso il peccato e la morte, può guardare il mondo come qualcosa che, per la carità, è da piegarsi sempre al bene, può vedere la storia come un cammino di speranza. Tutto sta nello sperimentare se camminiamo noi in novità di vita, in quella esistenza pasquale di cui abbiamo meditato nelle domeniche precedenti. La parola di Dio con l'annunzio della "novità" ci pone il problema del rapporto dei cristiani e della Chiesa col mondo. Il Vaticano II ha affrontato questo tema con una stupenda costituzione pastorale dal titolo Gaudium et spes, purtroppo lasciata spesso in ombra. Rimane vero che il mondo è sempre teatro della grande lotta fra Cristo e Satana. Come ci ricorda la parabola del grano e della zizzania (Mt 13,24-30) esiste sempre la seminagione del bene e del male, e c'è un "mondo intorno a noi (che) si trova sotto il potere del diavolo" (1Gv 5,19). Tutto ciò non ci permette di starci come bambini euforici né come illusi dalla mondanità. Il rapporto cristiano col mondo è combattivo, nel senso paolino della "agonia" contro le potenze del male; è ascetico, nel senso del combattimento spirituale per non essere mondanizzati; è vigilante, nel senso di una vigilia stabile, fissata nell'eterno, dentro un mondo che passa. La comunità ecclesiale, ogni cristiano, hanno da camminare nel mondo "con la cintura ai fianchi e le lucerne accese" (Lc 12,35). Tuttavia si deve pensare che il mondo ha da vedere i cristiani "dentro", ha da vedere la nostra solidarietà e il nostro impegno. Concretamente, con la forza della "novità" cristiana, tutti, ma specialmente i fedeli laici, devono collaborare allo sviluppo plenario del mondo con la loro identità cristiana e, nelle realtà temporali, inserire, ogni giorno, coscienza e misura morale; devono risultare onesti e giusti negli affari, coraggiosi nel difendere i valori spirituali della società, impegnati nel sociale e nel politico con coerenza evangelica, capaci di intendere i tempi, pronti alla dimensione culturale e professionale della nostra presenza. La solidarietà, il rispetto, l'amore verso la famiglia umana con la quale la Chiesa vive (GS 3) sono la risposta effettiva alla comprensione del fatto che Dio fa nuove tutte le cose "già" in questo mondo e nella storia. Il mondo si costruisce secondo l'ordine divino con Dio e con il Pastore delle anime nostre che è Cristo. Ma la prima lettura ci scopre anche come la Chiesa è organizzata gerarchicamente e guidata dai pastori. Questo significa che la testimonianza al mistero pasquale non si dà a partire da qualunque soggetto, ma è sottoposta alla guida di coloro che lo Spirito Santo ha messo a pascere la chiesa di Dio. Essa è Apostolica, cioè basata sul fondamento degli Apostoli con a capo Pietro, dei Vescovi con a capo il Papa, il successore di Pietro. Ha i presbiteri e i diaconi che esercitano il ministero ordinato. La comunione della comunità eccelsiale si esprime visibilmente nell'essere "un cuor solo ed un'anima sola" con chi ha l'ufficio di guidarci in questo mondo. Il Vangelo di Giovanni ci dà la misura originale, il segno distintivo con cui si è Chiesa nel mondo e si testimonia degnamente il Risorto. Misura e distintivo sono nel comandamento nuovo di Gesù: "che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato". La vera novità di questo comandamento non è nell'"amatevi", ma nel "come io vi ho amato". Il che vuol dire amare a misura di Dio nella qualità della carità. Ciò vuol dire che anzitutto bisogna conservare in noi la carità il cui opposto è il peccato mortale, aumentarla con l'Eucaristia, la preghiera e le opere buone. E' evidente che questo amore a misura di Dio deve correre anzitutto nelle nostre comunità ecclesiali che, se divise, conflittuali, egoiste, sono scandalose. Ci riflettano le parrocchie guardandosi in se stesse e nella Chiesa locale! Ma la carità non ha confini e va vissuta con i vicini e i lontani, per tutte le necessità, per tutte le povertà, con senso missionario, ecumenico e di servizio sociale. |