Omelia (19-05-2013) |
don Alberto Brignoli |
Dal Sinai al Cenacolo Il Dio che si rivela a Mosè sul Sinai non è certo un Dio pacifico e tranquillo. Non è il Dio della Genesi, meticoloso calcolatore di ogni cosa, che mette in ordine il caos iniziale e lo fa diventare "cosmo", "ordine". E non è nemmeno il Dio dell'Eden, così "a riposo" da permettersi delle passeggiate con Adamo nel Giardino della Vita, almeno fino a quando Adamo giocherà a nascondersi perché avrà paura di lui. Il Dio del Sinai sembra un po' di più a quello del diluvio universale o della torre di Babele, che quando interviene sulla terra getta scompiglio. Lampi, tuoni, nubi, fortissimi suoni di strumenti, fumo e tremore: Dio quando scende sul Sinai non fa certo silenzio, ma crea silenzio e timore in tutto il popolo, pronto senza mezzi termini ad obbedire ai comandi di un Signore così potente nelle sue manifestazioni da poter essere difficilmente contraddetto. A un popolo riunito in grande assemblea, Dio si manifesta con la potenza della sua gloria e consegna le tavole della Legge, ovvero il sigillo dell'Alleanza. Moltissimi anni dopo, una piccola porzione di popolo di Dio si trova ancora riunita, questa volta in una piccola assemblea; c'è una manifestazione forte della potenza di Dio, che scende in mezzo a questa porzione di popolo e dona il Sigillo della Nuova Alleanza, lo Spirito. Sembra essere nulla di più che una semplice analogia, con le debite distinzioni di spazio e di tempo. Ma non è così. Tra il Sinai e il Cenacolo c'è un abisso molto più ampio dello spazio e del tempio. È un abisso che corre tra le tavole di pietra e il cuore dell'uomo, tra un Dio lontano e un Dio vicino, tra un Dio del passato e un Cristo del presente, tra un'autorità che è potere e un'autorità che è servizio, tra una Chiesa società e una Chiesa comunità, tra una Parola come lettera morta e un Vangelo che è potenza e vita, tra un culto che è cerimonia e una liturgia che è memoriale, tra una morale da schiavi e una morale che libera. Ciò che Paolo chiama "vita secondo la carne" e "vita secondo lo Spirito". Passare dal Sinai al Cenacolo è passare - sempre per dirla con Paolo - dalla lettera che uccide allo Spirito che dà la vita. E questa, è opera dello Spirito stesso. È lui, padre dei poveri, che da un'assemblea sicura di sé per la sua potenza numerica ci trasforma in piccolo gregge forte solo della coscienza della propria umiltà. È lui, datore di doni, che da un popolo dedito alle offerte e ai sacrifici ci trasforma in una comunità pronta ad accogliere e ricevere, prima ancora che a dare. È lui, luce dei cuori, che da una fede dei secoli bui, fatta di minacce e timori, cerca inesorabilmente di condurre la Chiesa a una fede improntata sulla misericordia, sul dialogo, sulla fiducia in un Dio padre più che padrone. È lui, consolatore perfetto, che nel momento della prova ci conduce dal "Dio, dove sei?" al "Oddio, meno male che ci sei tu!". È lui, ospite dolce dell'anima, che da una Chiesa arroccata su se stessa a difendere il poco che le resta, ci fa passare ad una Chiesa in cui tutti si sentano dolcemente a casa propria perché accogliente e ospitale. È lui, dolcissimo sollievo, che da una fede vissuta con stanchezza e pesantezza perché oppressa da regole, norme e decreti, ci conduce a vivere una fede libera, piacevole, gioiosa, non soffocante perché non più preoccupata di "restare nei canoni" per essere vera. È lui, riposo nella fatica, che anche quando credere ci costa fatica e sacrificio ci dice che non è mai invano. E questo i martiri di ogni tempo lo sanno bene. È lui, riparo nella calura, che quando ci sentiamo ardere dal fuoco delle nostre passioni ci tende una mano e ci aiuta non solo a raffreddare i nostri bollenti spiriti, ma anche a immagazzinare tutta l'energia che essi sano sprigionare, per farne ricchezza nei momenti di aridità. È lui, conforto nel pianto, che trasforma ogni lacrima versata per dolore in un ruscello impetuoso e forte che trascina con sé tutto ciò che lo circonda; e ogni lacrima versata per amore in fiumi di amore per chi si è dimenticato da tempo come si ama e come si piange per amore. Ti preghiamo, Spirito di Dio: vieni ancora sulla tua Chiesa e lava ciò che è sporco, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò che è storto. Lava ciò che nella Chiesa è sporco, non attraverso proclami mediatici e promesse roboanti di rinnovamenti che non verranno mai, ma attraverso un'azione umile, silenziosa e costante, come quella delle nostre nonne massaie che risciacquavano mille e mille volte i panni alla fonte, eppure non li sciupavano mai; bagna ciò che nella Chiesa è arido, soprattutto la nostra insensibilità di fronte ai drammi di milioni di persone che non hanno acqua per cucinare, per irrigare i loro campi o che - di questo passo - saranno costretti a pagare salato per avere un bene che ritenevamo "semplice e puro" come bere, appunto, un "bicchiere d'acqua"; sana le ferite che ancora sanguinano nella Chiesa: i tuoi discepoli divisi in mille confessioni, i pastori lontani dal loro gregge, i gruppi parrocchiali in litigio tra di loro per invidie e gelosie, i troppi silenzi sui soprusi di ogni tempo e di ogni luogo, una teologia e un pensiero spesso imprigionati perché ritenuti impavidi, disobbedienti e progressisti; piega la rigidità di chi, nella Chiesa, è convinto che sia più giusto governare con il bastone delle norme e dei canoni che con le carezze della pazienza e della misericordia, solo ed esclusivamente per un fatto di comodità; scalda i cuori di chi, nella Chiesa, non è più capace di emozionarsi di fronte a nulla, e celebra i Sacramenti con sufficienza, con automatismo e - troppo spesso - pure con un tornaconto economico; raddrizza ciò che, nella Chiesa, va dove vuole per i sentieri tortuosi delle elucubrazioni mentali, incapace di entrare con semplicità nel Regno dei Cieli e spesso impedendo pure ai semplici di entrarvi. Scendi, Spirito, da quel Sinai dove sei rimasto per troppo tempo tuonando contro tutto e contro tutti, e riempi ancora il cuore dei tuoi fedeli come hai fatto quel giorno, a Pentecoste, in ogni Cenacolo di nascondimento, di silenzio, di mitezza, e di misericordia. |