Omelia (30-05-2004) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Invocarlo sì, ma non soltanto In Oriente si crede che Egli proceda dal Padre "attraverso" il Figlio; in Occidente (quindi a casa nostra) lo si fa' procedere "dal Padre e dal "Figlio" e questa divergenza di opinioni è stata all'origine causa di scontro nonché difficoltà nella definitiva impostazione del Credo. Ma indipendentemente da tutte le congetture teologiche di cui sarebbe troppo pesante parlare in questa sede, una cosa è certa: lo Spirito Santo agisce fra il Padre e il Figlio. Agisce in quanto è il loro vincolo di unione, anzi di comunione: Padre e Figlio si amano vicendevolmente sin dall'eternità nel senso che il Padre ama il Figlio, questi corrisponde in ugual misura all'amore del Padre e il vincolo amoroso che intercorre fra i Due si chiama Spirito Santo. Anche Lui Persona alla pari delle Altre Due. Ora, potremmo domandarci: quale parte abbiamo NOI in questa dinamica di amore del tutto trascendente? O meglio che cosa c'entriamo noi con l'amore fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo? La risposta è semplice: una di queste Persone, il Figlio, si è incarnata nella storia chiamandosi con un nome specifico (Gesù Cristo) per dimostrarci che Padre, Figlio e Spirito, non intendono realizzare codesta comunione fra di loro "gelosamente" e usando indifferenza nei riguardi dell'umanità che soffre, ma piuttosto tendono a rendere partecipi di essa tutti gli uomini. Sicché noi di questo amore fra i Tre siamo chiamati a partecipare. Come dice già la preghiera del Padre Nostro: "Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra", la volontà di Dio uno in Tre Persone è quella che si realizzi, appunto, nella nostra vita terrestre la medesima comunione amorosa che sussiste in Cielo fra le Tre Persone. Ora, se lo Spirito Santo è il vincolo di unione e comunione fra le tre Persone, come non potrebbe esserlo anche nella nostra vita familiare, umana, ecclesiale? Il fatto stesso che Gesù lo abbia promesso agli apostoli e che sia stato effuso magistralmente durante il giorno di Pentecoste attesta che questo Spirito è dono di Dio per la nostra vita di comunione; che è stato riversato nei nostri cuori per estendersi nella vita del singolo e della collettività. Nello Spirito Santo si vive pertanto la coesione fra di noi, la concordia, la pace, la giustizia e il rispetto reciproco. Opera dello Spirito Santo è che la Chiesa realizzi la propria missione di evangelizzazione nel mondo nella persona dei pastori e dei laici, ma prima ancora che Essa... evangelizzi se stessa vivendo la comunione fra i membri; sicché perfino nelle parrocchie e nelle comunità ecclesiali si dovrebbe essere capaci di riconoscersi gli uni gli altri, restare uniti nonostante le differenze e le diversità di tendenze e di opinioni, poiché per una giusta causi molti formano il tutto organico... Lo Spirito Santo è altresì lo Spirito della vita, che agisce anche nella convivenza coniugale e nelle relazioni fra genitori e figli, perché ci si possa comprendere a vicenda e superare le immancabili occasioni di indifferenza e di contrasto. Insomma, non si tratta affatto dello Spirito della Teologia Trinitaria delle speculazioni; quella è riservata alle Università e alle sottili digressioni dei teologi. Si tratta piuttosto dello Spirito della vita (Moltmann) che in modo concreto tende a vincolare nell'unione tutte le nostre dimensioni. Ma perché tutto questo non si realizza? Beh, lo Spirito Santo presenzia, è vero, tuttavia non agisce corrompendo o facendo violenza alla volontà decisionale e alla libertà degli uomini. Cioè: lo Spirito Santo non è una sorta di "lacrimogeno" che irrompe dall'alto per farci restare calmi nelle agitazioni, né è una scarica elettrica o qualsiasi altra cosa che possa dare l'idea della coazione esterna; quando agisce lo fa interpellando piuttosto il cuore dell'uomo, la sua sensibilità e il suo raziocinio. Per la qualcosa al dono immancabile dello Spirito occorre atteggiarci con atto di spontanea accettazione sensibilità. Soprattutto perché capacità dello Spirito è quella di comunicarci i suoi doni. Fra tutti magistrale è il dono del discernimento, con il quale è possibile valutare ogni nostra scelta, agendo in ottemperanza ai divini voleri e alla nostra piena e reale realizzazione piuttosto che animati dagli impulsi e dall'istintività Pertanto, quello che noi ci si propone in questa liturgia è innanzitutto l'invocazione dello Spirito quale dono primario e più necessario da parte di Dio: saimo soliti chiederre delle grazie, dei benefici anche spirituali, delle concessioni divine... Ma siamo soliti pregare che ci venga dato lo Spirito Santo? E ancora siamo soliti pregare LO Spirito specialemtne nelle situazioni di difficoltà e di incertezza? In tali circostanze va invocato soprattutto Lui, lo Spirito, l'unico capace di concederci il raziocinio necessario e la forza per poter uscire dalle buie gallerie della nostra vita e di farci intraprendere i sentieri a noi più adeguati. Ma non è solo l'invocazione l'atteggiamento che più ci deve riguardare di fronte allo Spirito: non serve infatti pregarLo se poi non ci si atteggia con umilità alla sua sequela e accoglienza, con mansuetudine e mitezza... A che servirebbero i doni straordiari dello Spirito (parlare in lingue, cadere per terra avere visioni) a volte semplicemente presunti e fittizi se poi non si vive il quotidiano nell'ottica dello Spirito stesso? Se cioè non ci lasciamo da Lui trasformare? Ecco quindi l'attitudine più importante: accoglierlo, accettarlo e agire sotto di lui |