Omelia (10-10-2010) |
Giovani Missioitalia |
28 Domenica del T.O. (Anno C) Immaginiamo di camminare per le strade di questo villaggio, in un mattino fresco di inizio primavera, sulla strada sabbiosa. Immaginiamolo solo per un momento, per entrare in questo racconto ed uscirne rinnovati. La gente del villaggio è intenta a vivere il proprio quotidiano, incontriamo donne che vanno a prendere l'acqua, bambini che giocano nei cortili, botteghe che emanano un profumo caldo di pane appena sfornato e di spezie, strade polverose attraversate da greggi di pecore e uomini che escono di casa per andare nei campi. Ma la vita indaffarata di questo piccolo quadretto rurale viene interrotta da una notizia che passa di bocca in bocca: Gesù di Nazareth sta passando di qua, diretto verso Gerusalemme. Questo maestro-pellegrino che dalla Giudea è sceso verso la Samaria e, attraversando deserti, laghi, colline, si dirige verso Gerico per arrivare a Gerusalemme, annunciando ovunque l'arrivo del Regno di Dio. In molti quel giorno al suo passaggio devono aver interrotto le proprie faccende per andargli incontro e salutarlo, perché "la sua fama si era diffusa in tutta la regione" (Lc 4,37). Ma fra la piccola folla che ci immaginiamo si raduni intorno a lui si verifica una situazione... imbarazzante. Dieci lebbrosi gli gridano aiuto. In pochi secondi si deve essere fatto il vuoto intorno a loro! Lebbrosi. I maledetti da Dio per la cultura dell'epoca, impuri che contaminavano tutto ciò che toccavano, considerati già morti dalla società e dalla religione. Lebbrosi. Cadaveri ambulanti, senza speranza, esclusi dagli uomini, dimenticati dal Dio del tempio. E arrivano carichi di disperazione, di solitudine, sofferenti nel corpo e nell'anima. Sono in dieci, simbolo di tutta l'umanità che brancola nel buio senza conoscere la salvezza. La risposta di Gesù alle loro preghiere lascia un po' perplessi: perché li manda dai sacerdoti? Eppure in questo suo ordine si racchiude tutto il messaggio di liberazione: secondo la legge a un lebbroso era vietato recarsi al tempio, ma se guariva doveva essere sottoposto ad un attento esame da parte del sacerdote e quindi essere purificato (cfr. Lv 14,2). Che cosa significa? Significa che questi dieci uomini sono già guariti, sono già salvi! La parola di Gesù li ha abilitati a mettersi in cammino verso Gerusalemme, lo stesso cammino che anche il Maestro sta percorrendo. Ed è su questa strada che possono rendersi conto di essere guariti, non prima. Ma solo uno di loro "se ne accorge", per di più è un samaritano (doppiamente escluso), ed è l'unico che intuisce e crede che la sua guarigione è venuta da Gesù: questo Maestro che ha incontrato mentre era malato, impuro, escluso, peccatore, è l'unico autore della sua salvezza. Non sono state le leggi del tempio a salvarlo, non sono stati i precetti, i sacrifici, i rituali a liberarlo: la religione lo aveva reso solo un uomo oppresso e solo, mentre la parola di Gesù gli ha regalato la vita piena e la sua dignità di figlio amato, capace ora di alzarsi e andare ad annunciare la gioia che ha ricevuto. È questa la bella notizia che oggi questo brano ci rivela: ognuno di noi è già salvato, e non per i propri meriti, ma per l'amore incondizionato di Dio. Non ci sono "impuri" agli occhi del Padre, non ci sono indegni. Si sconvolge così la logica "religiosa" secondo cui bisogna fare qualcosa per raggiungere Dio, bisogna essere puri, bravi... questa logica è ribaltata per sempre: i lebbrosi sono già guariti e sono abilitati a seguire la strada del Cristo. Il sacro prende dimora nel profano e non c'è più nessuno escluso dallo sguardo tenero del Padre. Domande o provocazioni?
Dalla nuova newsletter di Missio giovani, il commento di Giulia Pieri, dal Mozambico, al Vangelo della 28ima Domenica del Tempo Oridnario |