Omelia (24-10-2010) |
Giovani Missioitalia |
30 Domenica del T.O. (Anno C) Gesù è in cammino verso Gerusalemme con i suoi discepoli e viene spesso avvicinato da persone che vogliono essere salvate, ma anche da altre che lo vogliono provocare, come i farisei, attenti osservatori della legge. A loro non interessava l'uomo in quanto tale, anzi, quello che era importante era rispettare tutte le regole alla lettera e imporle agli altri: "Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare «rabbì» dalla gente" (Mt.23,4-7). Nella parabola che domenica prossima Luca ci presenta, ci sono due personaggi: un fariseo molto bravo, anzi "perfetto" (e ne è consapevole), è preciso e corretto, non è come tutti gli altri, fa sempre tutto ciò che piace a Dio, digiuna e fa elemosina oltre il dovuto. I farisei erano un gruppo religioso di persone che osservavano la Legge Biblica in modo scrupoloso e rigido: per loro al primo posto vi era la santificazione del nome di Dio e la separazione da tutto ciò che non fosse "sacro". Di fianco a lui invece troviamo un'altra persona in preghiera, un pubblicano, un uomo considerato poco rispettabile, collaboratore dell'impero romano, autorizzato a rubare dal suo lavoro di esattore delle tasse. I pubblicani erano dunque disprezzati, ritenuti pubblici peccatori, persone disoneste da evitare. Ambedue si trovano nel tempio a pregare. Fin qui tutto sembra normale, ma vediamo cosa li differenzia! Il fariseo, dice Luca, pregava fra sé, anzi, tradotto dal greco "pregava sé", non rivolge una preghiera a Dio, dà un elogio a se stesso della sua perfezione mettendosi a confronto con l'uomo che ha vicino: io sono bravo, lui no! Il pubblicano, consapevole del suo peccato, con grande umiltà chiede con la testa bassa e battendosi il petto pietà al Signore. E Dio, che "è vicino a chi ha il cuore spezzato, salva gli spiriti affranti, riscatta la vita dei suoi servi; non condanna chi in lui si rifugia" (Salmo 33), ha misericordia di lui e lo rimanderà a casa salvato. Perché "chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato", dice Gesù. Non vi sembra attuale l'atteggiamento del fariseo? Quante persone che si ritengono pie perché vanno a messa tutte le domeniche, accendono il lumino alla Madonna ogni volta che entrano in chiesa, pregano il rosario tutti i giorni, fanno catechismo e aiutano il parroco puntualmente nelle varie attività della parrocchia, puntano il dito verso quei fratelli, che magari per Natale e Pasqua fanno capolino in chiesa, quasi in punta di piedi, sentendosi fuori luogo per quell'assenza troppo prolungata, per una vita non troppo seria, per quei rapporti non sempre sinceri... Domande o provocazioni?
Dalla nuova newsletter di Missio giovani, il commento della Fraternità missionaria di San Bernardino, dall'Italia, al Vangelo della 30ima Domenica del Tempo Oridnario. |