Omelia (23-01-2011)
mons. Roberto Brunelli
Luce per l'unità

"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Così, richiamando il profeta Isaia, l'evangelista (Matteo 4,12-23) introduce l'inizio della vita pubblica di Gesù, e ne dà una sintesi: egli "percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e infermità nel popolo".
E' Gesù la luce del mondo, perché lui, solo lui, è il Signore e salvatore. Lo afferma anche Paolo nella seconda lettura di oggi (1Corinzi 1,10-13.17). Dopo i convenevoli, sentiti domenica scorsa, scrivendo ai cristiani di Corinto l'apostolo affronta subito l'argomento principale della lettera: le divisioni che si sono introdotte nella comunità. Richiamandosi a coloro per la cui predicazione essi sono giunti alla fede, qualcuno di loro si proclama "di Paolo", qualcun altro "di Apollo" (uno stimato evangelizzatore, cui si accenna anche in altre parti del Nuovo Testamento), o "di Cefa" (cioè Pietro), e solo una parte si ritiene "di Cristo". Situazione inammissibile, di fronte alla quale l'apostolo assume toni severi: "E' forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?" Situazione inammissibile, perché ferisce le radici stesse della fede e ne presenta al mondo un'immagine distorta. Di qui la calda esortazione: "Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire".
Questa domenica cade nel mezzo dell'annuale settimana di preghiera per l'unità dei cristiani: settimana, che indirettamente manifesta l'attualità della lettera ai Corinzi. Come è noto, nel corso dei duemila anni di cristianesimo si sono prodotte numerose divisioni tra i seguaci di Gesù Cristo, alcune riassorbite, ma altre tuttora esistenti, non importa se di carattere dottrinale o disciplinare: sussistono infatti, distinti tra loro, cattolici, ortodossi, anglicani, protestanti (a loro volta divisi tra luterani, calvinisti, battisti e molti altri), copti, armeni e via elencando. Ancor prima di Paolo, lo stesso Gesù, e in un momento solenne quale quello dell'ultima Cena, ha espresso la volontà che i suoi vivano nell'unità: consapevoli che le divisioni sono dunque contro la volontà del Signore, da oltre cent'anni tra i cristiani di ogni confessione (almeno in questo, uniti) si prega a questo scopo. Si prega, perché tutti quelli che si dicono cristiani si lascino illuminare: aprano le menti e i cuori a comprendere appieno ciò che Dio si aspetta dai suoi.
I frutti di questo impegno non sono mancati: dopo secoli di indifferenza, quando non di ostilità, oggi gli aderenti alle diverse Chiese si riconoscono fratelli; si rispettano, si incontrano, assumono iniziative comuni, vanno scoprendo il tanto che hanno in comune (ad esempio, la fede nell'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e in Gesù Cristo redentore; la Parola di Dio raccolta nella Bibbia; il battesimo; la prospettiva della vita eterna). Superando gli steccati, si sostengono a vicenda, come prova l'insistente voce del papa contro le discriminazioni cui i cristiani, di ogni denominazione, sono soggetti in tante parti del mondo e, appena pochi giorni fa', l'espressione del suo dolore per i copti d'Egitto colpiti da vili attentati. Tuttavia le differenze, pur se assai meno rilevanti del patrimonio comune, permangono, sicché i cristiani danno al mondo un'immagine di divisione. Di qui la necessità di continuare a pregare, e non solo durante questa settimana particolare. "Non vi siano divisioni tra voi": l'esortazione di Paolo ai Corinzi mantiene tutta la sua validità; è una condizione di grande importanza anche perché chi non è giunto alla fede, o chi l'ha oscurata se non perduta, possa lasciarsi illuminare dalla luce che non tramonta.