| Omelia (09-01-2011) |
| Agenzia SIR |
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Commento su Mt 3,13-17 Il tempo di Natale si chiude col Battesimo del Signore.In realtà, nella storia di Gesù di Nazareth, il tempo tra la sua nascita e il battesimo al Giordano è di circa 30 anni. Di questi decenni poco dicono i Vangeli, poco la tradizione. Col Battesimo inizia la "vita pubblica" di Gesù per le strade di Palestina fino a quel triduo di Pasqua, presumibilmente all'inizio di aprile dell'anno 30. Al Giordano s'incontrano i due vertici della storia della salvezza: la preparazione e il compimento, l'annuncio e l'arrivo - comunque inaspettato e sorprendente - del Messia che chiede - lui! - di farsi battezzare da un Giovanni che ha tutte le ragioni per opporsi e obiettare. Ma per ora deve essere così, è il pastore che deve varcare il recinto delle pecore, per condurle in un nuovo cammino. Anche Pietro, davanti a Gesù che vuole lavargli i piedi, oppone un rifiuto - "Tu lavi i piedi a me?" - per quell'amore non dovuto. Si comprende, allora, la parola di Giovanni quando si ritrova l'Agnello di Dio nella fila dei battezzandi: "Tu vieni da me?". È il mistero dell'amore del Signore, perfetta e definitiva manifestazione dell'amore del Padre che, per bocca dello Spirito, dice il nome di Gesù: "È mio Figlio!". Il battesimo al Giordano va capito in questa luce. Come la nascita e la manifestazione ai magi, è segno di umiliazione, abbassamento. Dinanzi a Giovanni - uomo scarnificato da una vita da asceta e profeta con voce di tuono - si allineano file di uomini e donne peccatori e penitenti. Gesù si mette in fila in mezzo a loro e Giovanni sbalordisce. Dopo il battesimo il cielo si riapre. Lo Spirito scende e porta la voce del Padre che indica Gesù come "il Figlio mio prediletto". Al grido di Isaia, che è il nostro in questi giorni, Dio ha risposto, è sceso come Spirito Santo. Spirito significa "vita"; Santo significa "di Dio". Nel battesimo ci è stata data la stessa vita di Dio e il mondo attende che questa vita nuova si manifesti. Il mondo attende uomini e donne che vivono in terra, ma col "cielo aperto" sopra. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |