| Omelia (26-12-2010) |
| padre Paul Devreux |
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Come già dicevo a Natale, Dio si rivela in Gesù per aiutarci, ma non lo fa risolvendo i nostri problemi ma diventando lui un problema, cioè un bambino da accudire e difendere; l'inizio della vita della Santa famiglia ci rivela quanto questo sia vero. Giuseppe e Maria, che già sono rimasti sconcertati dal fatto che il loro figlio deve nascere lontano da casa e in una stalla, ora devono cominciare a fuggire per proteggere il bambino. Colpisce la disponibilità di Giuseppe. Viene nominato quattro volte, ma non parla mai, è l'uomo che agisce. Dio gli dice: "Alzati...", e lui parte. Però da questi racconti trapela che Giuseppe e Maria erano convinti che il loro bimbo doveva crescere in Giudea, il più vicino possibile a Gerusalemme e al Tempio. Forse avevano preso la coincidenza del censimento come un segno che tale fosse la volontà di Dio, oppure consideravano importante che Gesù potesse frequentare il Tempio e le sue scuole. Sono ragionamenti normali. Sapendo chi è Gesù, si domandano come educarlo e cercano aiuto, ma la scelta di Dio per suo figlio è quella di farlo educare da loro, a Nazareth, piccolo paese lontano da tutto, dove Gesù può crescere nella concretezza, da montanino. Anche a noi il Signore dice: "Alzati e parti, perché il Dio Salvatore va salvato". Il Dio Salvatore vuole che sia l'uomo a salvarlo. Il bambino che Erode vuole uccidere oggi, perché ne ha paura, è la carità, la solidarietà, il cristiano impegnato. Gesù va salvato, va accolto, va portato; questo è lo stile di Dio, che lasciandosi salvare ci salva, perché ci fa camminare, sollecitandoci ad essere più uomini, più attenti all'altro, più accoglienti e allo stesso tempo vigilanti per difendere i più deboli. |