Omelia (28-11-2010)
don Luca Orlando Russo
«Viene il Figlio dell'uomo»

La prospettiva, che pervade la liturgia della Parola di questa Domenica, è sottolineata da una folta serie di determinazioni temporali che compaiono in tutte le letture. Se da una parte l'attesa delle cose ultime e definitive dice riferimento al futuro, tuttavia essa si fonda su un imprescindibile sguardo al passato che motiva una scelta nel presente.
La questione temporale riguardante il momento della "fine dei tempi" viene introdotta dall'evangelista Matteo nel versetto che precede immediatamente il brano evangelico di questa Domenica: «Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa...» (Mt 24,36a). L'espressione "il giorno e l'ora" è molto diffusa nel linguaggio biblico per indicare il momento preciso di un avvenimento; l'esatta collocazione cronologica di questo momento è sconosciuta a tutti, meno che al Padre; tuttavia l'annuncio della realtà di questo momento ultimo della storia degli uomini, comprensibile alla luce dell'esperienza passata, dà un senso e un significato al momento presente.
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo» (Mt 24,37). Il riferimento ai "giorni di Noè" è un appello rivolto ai credenti perché accolgano nella fede gli interventi salvifici di Dio operati nella storia passata e, nella memoria delle proprie radici («come furono»), fondino la loro speranza nell'attesa di un nuovo e definitivo intervento salvifico di Dio alla fine dei tempi («così sarà»).
Da questa visione del presente, come tempo "opportuno" per la salvezza, scaturiscono i tre imperativi che compaiono nella seconda parte della pericope evangelica di questa Domenica, e che esprimono quali atteggiamenti devono caratterizzare il vissuto del cristiano nella storia: «vegliate» (v. 42), «cercate di capire» (v. 43), «tenetevi pronti» (v. 44).
Si può cogliere in questi tre imperativi un certo sviluppo progressivo, per cui al primo invito, quello alla vigilanza, ossia allo "svegliarsi dal sonno" per acquisire un atteggiamento di consapevolezza attenta, segue il secondo invito, quello a "cercare di capire" attentamente, ossia ad assumere un atteggiamento vitale "intelligente", capace cioè di intus-legere, intravedere i segni della presenza di Dio nella storia; il terzo invito, che è la logica conseguenza dei precedenti, è quello ad "tenersi pronti": colui che è "sveglio" ed è capace di guardare dentro le cose, è inevitabilmente pronto all'incontro con Dio.
Questo atteggiamento di prontezza rimanda al desiderio dell'incontro, che è tipico del tempo di Avvento. Non c'è attesa, infatti, se non c'è esperienza di un incontro che ha messo nel cuore un desiderio vivo di tornare a vedere ancora e per sempre. Noi siamo soliti interrogarci, presi dalla paura, quando sarà questo incontro, ma non ci chiediamo abbastanza se il nostro cuore desidera incontrare il Signore, se desideriamo essere con Lui. Un cuore che desidera è un cuore che attende, pronto a cogliere tutti i segni della presenza dell'Atteso.
A tutti auguro un buon Avvento!