Omelia (02-11-2010)
padre Gian Franco Scarpitta
Alla morte risponde l'amore

Come la giornata dedicata a tutti i Santi, anche l'odierna liturgia ci invita a considerare in senso globale e universale un aspetto della nostra devozione che solitamente guardiamo nelle circostanze singolari e limitate. Si tratta dei nostri cari defunti, di solito onorati singolarmente per mezzo di preghiere, Messe di suffragio e altre pie pratiche a loro dedicate come il pellegrinaggio e la visita al cimitero, per i quali oggi, però, la Chiesa ci invita a pregare tutti insieme indistintamente offrendoci oltretutto la possibilità di avere un occhio di riguardo anche per le anime di tutti coloro dei quali su questa terra si è perduta la memoria, per i defunti trascurati e dimenticati perché costretti in vita alla solitudine e all'emarginazione, come pure per tutti coloro di cui si sono perse le tracce in occasioni di calamità naturali o in conseguenza della guerra. La commemorazione di Tutti i Defunti interessa infatti tutti i cari estinti terreni e si estende a tutti coloro che in un modo o nell'altro sono stati sottratti alla vita terrena, non importa quali siano state le loro condizioni sociali e le loro caratteristiche personali: oggi preghiamo per tutti i defunti, ne facciamo memoria e impetriamo per essi l'intercessione affinché Dio possa estinguere per loro residuati di colpa e di peccaminosità.
Di fronte al problema della morte, Dio risolve le nostre domande semplicemente con l'amore. E in forza di esso siamo orientati alla fiducia e alla speranza, considerando dalla rivelazione che anche per coloro che sono umanamente trapassati vi è possibilità di salvezza nonostante il peccato o le defezioni terrene, poiché Dio, che tutti i mezzi impiega fino all'ultimo istante affinché ogni suo figlio non si perda ma ritorni alla comunione con Lui, dispone per i nostri defunti un tempo ulteriore di purificazione affinché, liberi dai gravami delle pecche terrene, essi possano associarsi agli Eletti nella contemplazione definitiva del suo volto: il Purgatorio.
Smentire, come fanno certuni, questa realtà intermedia fra la Gloria eterna del Paradiso e la Retribuzione definitiva dell'empio (inferno) equivale a mettere in discussione l'onnipotenza dell'amore di Dio e la profondità delle sue possibilità di salvezza, riducendo lo stesso amore divino ad una sorta di aut aut per il quale si pongono solo due alternative: o ti salvi o ti danni. Non è invece nell'ordine dell'amore di Dio abbandonare le anime al loro destino, piuttosto risponde alla sua vera Identità accompagnarle e condurle a salvezza sfruttando fino all'ultime tutte le risorse possibili. Deve esistere allora una dimensione purgatoriale per la quale residui di peccato e imperfezioni possano essere rimossi anche dopo la vita terrena, altrimenti sarebbe vano e futile pregare e sostare al cimitero per i nostri defunti (2Mc 12, 42-46) e questa è la prospettiva per la quale oggi, come tutti i giorni dell'anno, siamo chiamati a coltivare maggiormente e con più intensità le nostre relazioni di intimità con i nostri cari defunti, accompagnandoli nell'orazione mentre essi si purificano ulteriormente per raggiungere la gioia infinita del Paradiso. Facendo applicare l'Eucarestia a loro vantaggio chiediamo al Signore che, intervenendo con la sua presenza reale e sostanziale nel Sacramento, agisca egli stesso per la purificazione sollecita di tutti i defunti ottenendo che il Sacrificio dello stesso Signore si applichi per il loro riscatto ed è questo il motivo per cui eccezionalmente nella giornata odierna ogni sacerdote potrà celebrare tre liturgie eucaristiche; con la visita ai cimiteri potremo anche lucrare per i nostri cari defunti l'Indulgenza Plenaria, che otterrà loro il vantaggio della remissione delle pene temporali e a noi l'accrescimento spirituale della consapevolezza di aver instaurato solide relazioni con i nostri cari che adesso pregano per noi come noi per loro.
La giornata del 2 Novembre è quindi ben lungi dall'identificarsi come occasione di mestizia, sconforto, dolore e rassegnazione, ma è piuttosto incentivo alla gioia nella rivalutazione di quanto sia forte oltre la morte l'amore di Dio e di come lo stesso Signore abbia dominato e vinto e la morte nel suo Figlio Gesù Cristo Risorto che ora ci concede le grazie sopra menzionate e dare a tutti una risposta definitiva all'inquietante interrogativo che continuamente ci assilla intorno alla realtà inevitabile del trapasso, cogliendo anche l'opportunità per noi stessi di immedesimarci nello stesso Signore Risorto. In Lui abbiamo la certezza che anche noi siamo destinati alla risurrezione perché la morte non ha più rilevanza né ragion d'essere nel nostro vivere quotidiano; affidarsi alla sua Parola e rinnovare la nostra adesione a Lui tutti i giorni ci porta a riscoprire la verità di Dio che sulla croce ha consegnato se stesso per il riscatto dell'umanità pagando con sangue umano i peccati e le miserie dell'uomo, che è morto alla pari di tutti noi per affrontare egli medesimo la realtà del trapasso che noi tutti tendiamo a schivare ma che dopo tre giorni è risuscitato nel suo corpo glorioso per donare a tutti la vita. Come afferma Paolo, Cristo risuscitato non muore più, la morte non ha più potere su di lui e coloro che a lui si affidano sono destinati alla stessa eredità di vita senza fine, di vita eterna.
Accostandosi al sepolcro dell'amico Lazzaro defunto ormai da quattro giorni, Gesù lo riporta alla luce nonostante il miasma cadaverico, le bende e il sudario, ma non prima di aver pianto con Marta per condividere con lei la realtà legittima del dolore umano che coglie tutti alla sprovvista in ogni circostanza luttuosa, ma soprattutto non prima di aver qualificato se stesso come "la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà". Ciò è sufficiente a spiegare che anche prescindendo dall'uscita materiale dalle tombe Cristo è la Vita che si dona a tutti, il Dio incarnato per il quale tutti vivono e in virtù del quale la vita "non è tolta ma trasformata" (liturgia dei defunti).