Omelia (10-10-2010) |
don Roberto Seregni |
Non solo questione di pelle... La Parola che la liturgia ci regala questa domenica, ci riporta a meditare sulla nostra fede. La scorsa settimana, con l'esempio del granello di senape, Gesù ci ha fatto scoprire che la fede non è solo questione di quantità, ma di qualità. La verità del mio rapporto con Dio non è la somma di quella che faccio o di quello che non faccio, ma è un cammino in profondità, alla ricerca dell' autenticità della relazione figliale con il volto del Padre rivelato dal Figlio. Oggi la Parola ci ributta in questa riflessione. I dieci lebbrosi sono ligi alle indicazioni della scrittura (Lv 13,46): si fermano a distanza e gridano per farsi sentire. Pure Gesù si mostra attento alla legge (Lv 5,12-14) e li invia dai sacerdoti per la dichiarazione di guarigione avvenuta. In questo incontro, però, c'è qualcosa che non quadra. Gesù invia i lebbrosi dai sacerdoti del tempio ancora prima che essi siano guariti. I dieci, pieni di fiducia, si mettono in cammino e lungo la strada si scoprono purificati dalla loro tremenda malattia. Sembra quasi che la guarigione sia un dono per l'abbandono e la prontezza che essi hanno dimostrato nel seguire le parole del Rabbì. Ma di questi dieci, solo uno - un samaritano... - torna a ringraziare. La liberazione della malattia si è dimostrata di gran lunga più facile della guarigione dall'ingratitudine. I nove ex-lebbrosi sono un' immagine realistica di una fede ancora diffusa, che ricorre a Dio come un celeste taumaturgo, un grande mago potente e misterioso che dispensa guarigioni a suo piacimento. Un Dio da ingraziare e da convincere. Un Dio da tirare dalla propria parte con abbondanti prestazioni religiose. Insomma: un Dio che non c'azzecca un tubo con il Padre rivelato da Gesù. Per questo, dicevo, dobbiamo curare la qualità della nostra fede. I guariti sono dieci, ma solo il samaritano è tornato a ringraziare. Ciò che fa la differenza è la guarigione del cuore. Non è solo questione di pelle, c'è una lebbra più profonda da cui purificarci. I nove si sentono a posto, si fermano alla superficie, hanno già avuto quello che volevano, perché tornare? Perché perdere tempo? Il samaritano, invece, torna dal Rabbì. Si inginocchia ai suoi piedi e lo ringrazia. Che bella questa gratitudine, quanto ne abbiamo bisogno! Siamo così anestetizzati, così assuefatti che diamo tutto per scontato e abbiamo perso la bellezza semplice della gratitudine verso Dio e fra di noi. Coraggio, cari amici! Mettiamo ancora sotto il vaglio del Vangelo la nostra fede, lasciamo che la Parola di Gesù trasfiguri e purifichi l'immagine di Dio che ci abita il cuore. Incamminiamoci sui sentieri della gratitudine e impariamo a lasciarci stupire dall'amore che ci circonda. Tra qualche giorno uscirà un mio piccolo libretto con le edizioni Ancora. Sul loro sito (www.ancoralibri.it) trovate la presentazione tra le "anticipazioni". Buona settimana don Roberto [email protected] www.sullatuaparolawordpress.com |