Omelia (26-09-2010) |
don Luca Orlando Russo |
L'ipocrisia del ricco Sono ormai troppe domeniche che il ritornello è sempre lo stesso: attento a come gestisci quello che hai! E come se non bastasse anche questa domenica siamo costretti a prendere in seria considerazioni le conseguenze delle nostre scelte o di ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, a riprova che il male peggiore sta nel bene che non si è fatto. Non credo che l'uomo ricco del vangelo, anonimo forse perché ha il nome di ciascuno di noi, è cattivo. Il suo vero problema sta nell'essere troppo preso dalla sua ricchezza, dal suo mondo per accorgersi che fuori dalla porta di casa sua c'è un povero, bisognoso anche delle sole briciole che cadono dalla sua tavola. Il povero, come del resto chiunque altro, non trova spazio nel mondo del ricco e, quest'ultimo, non se ne fa nessun problema, anzi Lazzaro non è un suo problema. Il ricco ha una malattia troppo comune tra noi cristiani: l'ipocrisia. All'apparenza, infatti, il ricco potrebbe dire: «Ma io non ho ammazzato nessuno, io non faccio del male a nessuno. Se Lazzaro muore di fame, non dipende da me! È colpa degli altri! Guardate come l'hanno ridotto! Io ho la coscienza a posto». Ma, guardando le cose da un altro punto di vista c'è da chiedersi: chi è più colpevole della condizione di Lazzaro? Gli altri, o il ricco, che non si è mai curato della sua povertà, giacché non è stato lui la causa della sua povertà? Dice il ricco: «Ma io di Lazzaro non mi sono mai occupato!». Appunto, se te ne occupassi, potresti donargli un po' di felicità! In realtà, lasciare morire l'altro, non prestargli l'aiuto e il soccorso di cui ha bisogno per sopravvivere e per diventare se stesso, costituisce un'omissione di soccorso. Ne segue che il ricco è responsabile della condizione di Lazzaro, come tanti altri. Lo ha ucciso, proprio perché non l'ha mai preso in considerazione per salvargli la vita... A dire il vero, il ricco è più colpevoli degli altri. Il ricco ha i mezzi per poter aiutare il povero Lazzaro e non lo fa. Come del resto capita a chiunque può fare, anche poco, e non lo fa. La frase comune: «Io non c'entro, non sono fatti miei», rispecchia lo stato d'animo che viene descritto magistralmente nella Bibbia in Genesi 4, 9, nella frase di Caino: "Sono forse il guardiano di mio fratello?". Questa espressione è la carta di identità del fratricida, è la matrice di ogni assassinio.. . Domandiamoci: a che cosa serve la mia vita, giorno per giorno? Quali interessi essa persegue, tutela, difende, giorno per giorno? In funzione di che cosa io investo, spendo il mio tempo? Buona domenica e buona settimana! |