Omelia (19-09-2010)
don Roberto Rossi
Figli di questo mondo - Figli della luce

S. Luca ci propone una parabola, molto espressiva che lascia a volte un po' perplessi, ma che trasmette delle lezioni profonde: la realtà che siamo degli amministratori dei doni di Dio, l'importanza della scaltrezza usata per il bene, la necessità della fedeltà anche nelle cose come il denaro, l'opzione fondamentale di scelta a favore di Dio e non delle cose materiali.
"I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce" (Lc 16,8).
Gesù sta parlando ai discepoli; oggi potremmo dire: sta parlando ai credenti, ai cristiani. Egli osserva e dice: "Guardate quelli che non credono. Per la vita di quaggiù, per la sistemazione economica, per la sicurezza terrena, per i loro interessi e i loro piaceri costoro fanno fatiche incredibili. Eppure si sacrificano per cose banali, per cose che passano, per cose che durano un momento e valgono ben poco!"
Gesù allora domanda: "Perché, voi che credete, non mettete almeno pari impegno per le cose di Dio, per le cose dell'anima, per le cose che durano e che hanno valore profondo, per le cose eterne?". I figli di questo mondo si preoccupano per il loro domani mondano: perché voi, figli della luce, non vi preoccupate con altrettanta serietà del vostro domani: il domani davanti a Dio? Esistono persone che per accumulare denaro fanno sacrifici incredibili e si sottopongono a fatiche incessanti: perché noi che conosciamo il vero tesoro della vita non facciamo altrettanti sacrifici per guadagnarlo?
Gesù ci mette davanti questo confronto e ci fa toccare con mano la nostra incoerenza! Giustamente, allora, chi non crede, ride di noi, si fa beffe della religione: ma la colpa è nostra e soltanto nostra.
Gesù passa poi a considerare uno degli ostacoli più grandi che fermano l'uomo nel cammino verso il cielo: il denaro; il denaro, che è simbolo di tutta una visione della vita ridotta a passione terrena e mondana! Dobbiamo buttare via l'idolo, tutti gli idoli terreni!
Il denaro va usato per il bene, le ricchezze di quaggiù valgono soltanto come "mezzo" per comprare una ricchezza (la vera!) che è al di là di questa vita.
Allora chi ha qualcosa, chi possiede ricchezze (e non soltanto il denaro! Ricchezza è anche l'intelligenza, la cultura, la salute, la forza, le proprie capacità e talenti) impegni tutto per la carità: gli spazi sono tantissimi, le occasioni sono innumerevoli.
Invece quante volte chi ha ricchezze finisce per usarle per il male e lo sfruttamento di altri. Già il profeta Amos, il difensore dei poveri, diceva: "Guai a voi, ascoltate voi che calpestate il povero e sterminate tutti gli umili del paese!"
Conclude Gesù con un severo ammonimento: "Non potete servire due padroni! Non potete servire Dio e il denaro (Lc. 16,13). Bisogna scegliere un "signore" della nostra vita, bisogna vivere per qualcuno. Qual è allora la direzione che abbiamo scelto? Chi è il "signore" della nostra vita? Per chi viviamo? Quante volte l'orgoglio e soltanto l'orgoglio è il nostro vero padrone; quante volte l'interesse umano è la molla delle nostre azioni; quante volte il denaro è quel "dio" al quale si sacrifica tutto e tutti!
Bisogna scegliere il Signore che salva e respinge l'idolo che inganna. Dietro le parole di Gesù c'è un appello di grande bontà e misericordia: "Scegliete il Signore, perché questo è il vostro bene e la vostra pace ". Quanto è attuale e quanto è urgente questo insegnamento di Gesù! Mentre si moltiplicano le forme di guadagno, mentre gli uomini si combattono per un dannoso superfluo, mentre si arriva ad uccidere per accaparrare denaro in più, quanto è bello schierarsi dalla parte della sapienza di Dio e gridare ancora più forte: beati i poveri in spirito!
Mentre le famiglie si dividono per una eredità, mentre gli anziani vengono emarginati perché non producono, mentre gli handicappati vengono rifiutati perché sono un peso e non un reddito, quanto è coraggioso ripetere: l'uomo non vale per quello che possiede, l'uomo non vale per quello che produce. L'uomo vale per la vita che ha!
Il mondo è attraente, ma effimero; non colma la sete di felicità insita nel cuore dell'uomo. Chi, sapendo scoprire se stesso come amministratore dei doni di Dio, realizza la sua missione con fedeltà, non perderà il suo premio e sarà un vero costruttore di una umanità giusta e solidale.