Omelia (08-08-2010) |
mons. Antonio Riboldi |
Dov'è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore Il discorso che Gesù oggi ci fa', e la Chiesa con Gesù, apparentemente o in verità, ha tutta l'aria di una provocazione nel modo di gestire quello che si chiama 'ferragosto'. Un tempo in cui si abbandonano le attività usuali, almeno per molti, e ci si concede un poco di riposo: come uscire dalla ferialità, che è il ritmo della vita quotidiana, e riposarsi. Sembra che si attui quello che Gesù diceva agli Apostoli, quando li separava dalle folle che li assediavano tutti i giorni: 'Venite in disparte con me e riposatevi un pocò. Ma tanti, anziché cercare riposo, organizzano la giornata in modo diverso, ma non per questo meno faticosa, alla ricerca di un divertimento spesso disordinato ed eccessivo. È un tempo in cui troppi 'fanno pazzie', immergendosi in un frastuono caotico ed alienante, fino al punto da vivere un tempo, non di riposo, cioè di giusta e serena festa, che restituisca forze e fede nella gioia troppe volte toltaci dagli affanni quotidiani, ma di evasione da tutto per dimenticare, tranne poi risvegliarsi, dopo questo periodo, solo con tante avventure da raccontare, ma anche con l'amarezza di chi non ha trovato, in quanto ha vissuto, neppure un briciolo di gioia vera, dissoltasi sulle spiagge o altrove. Non dimentichiamoci mai, carissimi, se ci è dato di avere un tempo di vacanza, ovunque, che questo dovrebbe essere tempo di riposo, anzitutto, dello spirito: il momento di 'ritrovarsi' come 'figli della vera Vità, che i disagi della ferialità, con i tanti problemi, ci fanno dimenticare di 'essere'. Tempo prezioso il riposo... ma bisogna saperlo gestire con saggezza e non vivendolo secondo la mentalità del solo divertimento, come tentativo di lasciare alle spalle ciò che 'nella normalità si è costretti a subire'. Mi piace ricordare un modo con cui, tanti con me, trascorrevano questi giorni. Partecipavo al corso di spiritualità, familiarità - il ferragosto spirituale - presso la Cittadella della pro Civitate di Assisi, che organizzava incontri, meditazioni e festa. Un corso che aveva avuto un inizio sommesso, come in punta di piedi, non sapendo se la provocazione evangelica sarebbe stata accolta o vista come pazzia. Aveva, e certamente ha ancora oggi, come tema di fondo, in linea con il clima di distensione, la fiducia nel vivere ogni giorno la gioia che viene sempre da Dio che ci parla in un sussurro e ci sta vicino accompagnandoci in ogni istante. Era un restituire alla vita quella serenità che solo la fede vissuta sa dare. Erano giorni in cui si gustava lo stare insieme, ascoltando, meditando, pregando e facendo festa. Un ferragosto che voleva ridare tono al vivere quotidiano che ci attendeva: non solo, ma aveva, come del resto sanno donare i corsi di esercizi spirituali, quel giusto senso alla vita, che è un lungo o breve camminare verso la grande felicità del Cielo. C'era tanta aria di festa, in quei giorni, e non aveva nulla a che fare con quella 'stressante e svuotante' del mondo. Quel 'ferragosto cristiano' era davvero seguire il Maestro: 'Venite con me in disparte e riposatevi un pocò, era la grazia di ritrovare in sé stessi la verità della vita, la gioia... per poter proseguire il cammino quotidiano con più energia, in attesa della Grande e definitiva Gioia. Così ci avverte oggi Gesù: "In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: 'Non temete, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il Suo Regno. Pendete ciò che avete e datelo in elemosine: fatevi borse che non invecchiamo, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese: simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E, se giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! Sappiate bene questo: se il padrone della casa sapesse a che ora viene il ladro, non lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate!'. (Le. 12, 32-48) certamente una grande lezione, se volete, di non lasciarsi prendere dal culto del benessere, che diventa egoismo: un culto che non pone tra i suoi traguardi la preoccupazione del 'domani' che ci attende. Torna quindi a proposito quello che oggi insegna Gesù. Come a voler sottolineare ulteriormente la stoltezza di chi si fa prendere dall'idolatria delle cose, Gesù, infatti, continua, rivolgendosi agli Apostoli e a noi: "Qual è l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: padrone tarda a venire' e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, bere e ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa e lo punirà con rigore, assegnandogli il posto tra gli infedeli. Il servo, che conoscendo la volontà del padrone, non ha agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più". (Lc. 12, 32-48) Una dura lezione per chi inette al primo posto il benessere personale, come fosse un Dio da amare, ma nello stesso tempo grandi braccia aperte a chi sa o ha saputo e cercato di amministrare bene la vita, i beni, senza mai perdere di vista il solo bene che ci attende, l'essenziale: Dio e il Suo Regno. Così afferma l'Enciclica Populorum Progressio: "Il dovere di solidarietà, che vige tra le persone, vale anche per i popoli. Le Nazioni ricche hanno l'urgentissimo dovere di aiutare le Nazioni in via di sviluppo (Gaudium ed Spes). Se è normale che una Nazione sia la prima beneficiaria dei doni che le ha fatto la Provvidenza, come dei frutti del suo lavoro, nessun popolo, per questo, può pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone. Ciascun popolo deve produrre di più e meglio, onde dare da un lato a tutti i suoi componenti un livello di vita veramente umano e contribuire nel contempo dall'altro, allo sviluppo solidale dell'umanità. Di fronte alla crescente indigenza dei Paesi in via di sviluppo, si deve considerare come normale che un Paese evoluto consacri una parte della sua produzione al soddisfacimento dei loro bisogni. Così il dovere di solidarietà che vige tra le persone vale anche per i popoli. Non si tratta soltanto di vincere la fame e neppure ci ricacciare indietro la povertà. La lotta contro la miseria, pur urgente e necessaria, è insufficiente. Si tratta di costruire un mondo in cui ogni uomo di qualsiasi razza, religione, nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, affrancata dalla servitù; un mondo dove la libertà non sia una parola vana e dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco. Ciò esige da quest'ultimo molta generosità". Ma è così? Assistiamo ogni tanto agli incontri dei cosiddetti 'grandi della terrà. L'impressione che si ha, anche negli ultimi incontri in Canada, è che difficilmente riescano ad uscire dai 'generosi' discorsi per giungere a fatti concreti e autentici, che siano un programma di solidarietà dell'intera comunità. Non rimane che pregare e, soprattutto, vivere in modo che ciascuno di noi pratichi la generosità, si apra alle povertà... anche se tutto questo può intaccare - almeno inizialmente - il nostro senso di sicurezza. Ricordiamocelo sempre: quello di cui ci priviamo dalla 'nostra tavola', per allestire la tavola vuota del povero, sarà la grande mensa imbandita per noi da Dio stesso in cielo... e non solo! Neppure di fronte alle immense sfide ci sono scuse. Si può e si deve sempre cominciare........'da vicino': 'Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso' (Lev Tolstoi) Viene dunque spontaneo chiedere a Dio quello che chiedeva Madre Teresa di Calcutta: "Signore, nostro Dio, Tu hai dato te stesso per noi. Noi siamo totalmente a tua disposizione per essere posseduti da Te E per ricevere tutto ciò che dai e dare tutto ciò che chiedi con un sorriso. Prendi tutto di noi. Perché Tu ti serva di noi come ti piace, senza doverci consultare prima: per offrirti la nostra libera volontà, la nostra ragione, tutta la nostra vita in una fede pura, affinché Tu possa pensare con la nostra mente, compiere le Tue opere con le nostre mani, amare con il nostro cuore". |