Omelia (01-08-2010)
don Giovanni Berti
La mia serenità è in banca o presso Dio?

Clicca qui per la vignetta della settimana.

Capita spesso in chiesa di ascoltare il Vangelo un po' distratti e distaccati, e non ci si lascia coinvolgere e provocare dalle parole che vengono pronunciate nelle letture della messa. Eppure stavolta se ci stiamo attenti, le parole di Gesù ci possono davvero punzecchiare e anche ferire un po'.
Nella lettera agli Ebrei al capitolo quattro troviamo scritto: "La parola di Dio è vivente ed efficace, piú affilata di qualunque spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito..".
Letto nel nostro contesto attuale, quello che è scritto nel Vangelo è più che mai attuale, e da un certo punto di vista potrebbe anche diventare fastidioso e far male.
Gesù dice che la vita dell'uomo non dipende da ciò che possiede.
Siamo alle porte delle ferie, e l'incubo vero e proprio che sta davanti a molti lavoratori e famiglie è quello di tornare (se ci vanno) dalle vacanze senza trovare più il posto di lavoro e il sostegno economico.
Purtroppo per molti questo incubo è già diventato realtà drammatica, e anche se si tenta di minimizzare e molti continuano a rassicurare che la crisi sta per finire, la povertà di molte famiglie aumenta, e davvero si sente come la vita dipende da quel piccolo stipendio mensile che è in bilico o è sparito.
Come possiamo dunque rimanere distratti e non sentire come una lama che penetra nella vita ascoltando queste parole di Gesù?
La parabola che segue, pur raccontata da Gesù in un contesto economico e sociale distante dal nostro, è attualissima.
In questo ricco che accumula ricchezze nel magazzino, possiamo davvero vedere tutti noi, ma in particolare chi nella nostra società fa dell'accumulo ad ogni costo il proprio scopo di vita. E anche se la ricchezza sempre più grande è di pochi e sempre più larga è la fascia di chi è povero, la ricchezza rimane per tutti il miraggio, il punto di riferimento.
Diventare ricchi, mettersi la vita "al sicuro", non aver più pensieri economici per se e per la propria famiglia: questo sembra il valore-guida anche di noi cristiani.
Ecco perché questo Vangelo ci può e ci "deve" ferire!
Lo dico a me che come prete non sono esente dall'ansia dell'accumulo e della tranquillità economica. Non possiedo grandi ricchezze, ma mi ritrovo spesso a guardare il mio piccolo conto in banca come se fosse l'indice della mia serenità.

Arricchire presso Dio, come Gesù conclude questa parabola a non-lieto fine, significa per me cambiare mentalità e cominciare davvero a preoccuparmi non solo di quello che ho in tasca, ma di quello che ho nel cuore. Arricchire presso Dio è puntare ad arricchirmi di fratelli da amare, perché il "presso Dio" rimane mio fratello e sorella che non stanno in cielo, ma accanto a me. Non sono nella cassaforte della banca, ma nella porta di fronte il mio appartamento, nel sedile accanto dell'autobus, nell'ombrellone vicino al mio, lungo il marciapiede che percorro a volte troppo in fretta... Li, proprio li, dove meno me l'immagino, ci sta la "banca di Dio" presso la quale posso depositare la ricchezza di amore che possiedo e che non devo perdere.
La Parola del Vangelo mi ferisce un po', ma lo fa per svegliarmi e sanarmi dalle vere ferite che mi provoco con l'egoismo che spesso mi condiziona e che non mi fa vedere chi sta peggio di me.


Clicca qui per lasciare un commento.