Omelia (18-07-2010)
mons. Gianfranco Poma
Una donna di nome Marta accolse Gesù

La lettura continua del Vangelo di Luca, in questa domenica XVI del tempo ordinario, ci fa incontrare un racconto ancora solo suo: si tratta di una breve pagina (Lc.10, 38-42), ma che ci rivela la splendida capacità narrativa di Luca. Con tratti essenziali l'evangelista ci delinea un quadro di incomparabile freschezza e spontanea naturalezza attraverso il quale ci guida a scoprire che cosa significhi accogliere autenticamente Gesù nella nostra vita e a quale esperienza di libertà l'incontro con Lui ci conduca.
Certo, ancora una volta dobbiamo guardarci da una lettura superficiale e scontata che si accontenti di vedere una facile contrapposizione tra Marta e Maria, quasi che esse siano la personificazione della vita attiva e di quella contemplativa e che Gesù intenda privilegiare la seconda sulla prima. In realtà, nel cammino che Gesù sta percorrendo con i suoi discepoli (e con noi), egli li sta educando alla novità della sua proposta di vita, una vita autenticamente libera e unificata dall'ascolto della sua Parola pur all'interno della complessità delle cose.
L'attenzione che dobbiamo porre nella lettura di questa pagina comincia dalla traduzione del testo che usa una serie di vocaboli raffinati, adeguati alla descrizione degli atteggiamenti di due donne e di Gesù..
Luca ha inserito questo brano dopo la parabola del buon Samaritano, per illuminare ulteriormente il modo di Gesù di intendere l'amore di Dio e del prossimo. L'episodio di Marta e di Maria è pure legato all'episodio che segue, l'insegnamento di Gesù sulla preghiera. Luca costruisce così una catena di tre anelli che presentano tre aspetti inseparabili, costitutivi della vita del discepolo di Gesù: l'amore del prossimo, l'ascolto della Parola di Dio, la preghiera.
Si completa pure, così il senso dell'invito rivolto da Gesù al dottore della Legge: "Va', e anche tu fa' così". Alla domanda: "Che cosa devo fare...?" Gesù ha condotto il giurista a dare lui stesso la risposta, citando il Deuteronomio e il Levitico: "Amerai il Signore tuo Dio... e amerai il tuo prossimo...". Poi Gesù ha aperto l'orizzonte per un'esperienza radicalmente nuova di Dio e del prossimo: Dio si incontra camminando sulle strade del mondo e il prossimo è ogni uomo che soffre, nel quale Dio stesso si fa implorante d'amore. "Va' e anche tu fa' così": Gesù invita ad andare sulla strada, a compatire, facendosi prossimo di ogni persona umana, a "fare" concretamente gesti d'amore. Ma è pure necessario capire che l'invito di Gesù non è rivolto "al fare per il fare": quanta ambiguità può nascondersi nel fare! Solo il "fare" che nasce dall'ascolto della Parola e da una preghiera che libera l'uomo da ogni ripiegamento su se stesso, contribuisce alla costruzione del regno di Dio che è comunione fraterna tra le persone umane.
La pagina del Vangelo che oggi leggiamo ha questo scopo: si tratta di un momento alto di pedagogia che educa la persona umana alla autenticità della libertà perché il "fare" sia solo amore.
Non per niente le protagoniste sono due donne, mirabilmente descritte nelle loro caratteristiche femminili: due donne così diverse e pure ugualmente afferrate dall'amore per il "Signore". E' di estrema importanza che il cuore della donna ami intensamente "il Signore" ma lo ami veramente, nella libertà, perché possa in ogni suo gesto esprimere l'Amore che salva l'uomo e lo rigenera..
E anche in questo episodio, Luca, mentre parla del rapporto di Marta e di Maria con Gesù, in trasparenza, parla della Chiesa, della comunità cristiana che sta nascendo.
"Mentre essi camminavano, egli entrò in un certo villaggio: una certa donna, di nome Marta accolse Lui". Dal gruppo che cammina verso Gerusalemme, Luca sposta l'attenzione su Gesù solo: è Lui solo che entra nel villaggio di cui non si dice neppure il nome, è Lui solo che nel villaggio anonimo diventa centro di relazioni nuove. "Una donna di nome Marta accolse Lui": questa donna è una persona viva, ha un nome che si rivela nel gesto tipicamente femminile dell' "accogliere Lui". Il gesto dell'accoglienza ha una gamma vastissima di significati, ma certo esprime quanto di più significativo può compiere una donna in rapporto ad un uomo: accoglierlo nella propria vita. Ed esprime quanto di più grande può vivere una donna nel suo rapporto con Gesù: "accogliere Gesù" significa accogliere nella propria vita Dio che si incarna in Gesù, accoglier l'Amore che è Dio nella concretezza della carne che si fa toccare, si fa servire...
"Questa donna aveva una sorella chiamata Maria, la quale, seduta accanto, ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola": Luca descrive Maria come la donna completamente afferrata da un amore adorante per il Signore. E ci dice che il suo modo normale di essere è questo:. Maria è sempre seduta accanto a Gesù, è sempre ai suoi piedi, è sempre in ascolto della sua Parola.
"Marta era lacerata dal grande servizio: postasi di fronte, disse: Signore, non ti importa che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti a sopportare." In una sintesi meravigliosa, Luca descrive l'angoscia interiore di una donna che non riesce a comporre il suo desiderio di gustare l' amore con tutto quanto sente di dover fare per la persona amata, l'irritata gelosia di una donna di fronte all'altra, l'amarezza perché pensa che i suoi gesti d'amore non siano apprezzati, la capacità, pure tutta femminile, di colpire l'uomo che sembra non interessarsi ai gesti di amore ("non ti importa?"). Alla fine, la frase di Marta è una meravigliosa preghiera, alla quale Gesù risponde con il suo richiamo: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose". E' la risposta di amore di Gesù (tipicamente maschile): Marta è ancora agitata e preoccupata perché fa dipendere il suo amore dalle molte cose buone che pensa di dover fare. Ha accolto Gesù ma crede ancora di dovere lei fare per Lui e non si accorge di quanto Lui fa per lei. "Infatti di Uno c'è bisogno: Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta" Nell'interpretazione della affermazione di Gesù molto ha contato, forse, la traduzione latina: "porro unum est necessarium" "una sola cosa". Chiaramente il greco, in riferimento alla tradizione biblica, parlando di "Uno" intende "Dio": solo Dio è la vita dell'uomo, questo Dio che si offre nella carne di Gesù, questo Dio che Marta ha accolto, che è solo dono, non chiede nulla e libera dall'angoscia, dalla preoccupazione. "Maria ha scelto la parte buona che non sarà strappata a lei": è ancora Lui, l'Amore fedele, la parte buona che sazia il cuore appassionato di amore di Maria. Ma Lui è pure l'Amore di Marta, la donna completa, immagine della Chiesa che, immersa nel mondo, deve imparare ad abbandonarsi completamente a Lui, a gustare l'amore, a sperimentare che il fare è solo la conseguenza dell'amore non il mezzo per ottenerlo. Sappiamo noi (e la Chiesa) chiederci sempre se ciò che stiamo facendo è l'espressione incontenibile dell'Amore che gustiamo?