Omelia (04-07-2010)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di don Nazzareno Marconi

PRIMA LETTURA
Isaìa (66,10-14)
Nel corso dell'esilio i giudei avevano più volte sognato una restaurazione gloriosa del regno davidico, la ricostruzione del tempio e della città di Gerusalemme. Il ritorno in patria si rivelò però deludente. L'entusiasmo si spense presto e le difficoltà del quotidiano fecero dimenticare la bellezza di essere di nuovo padroni in casa propria ed in grado di ricostruire pazientemente quello che era andato perduto. Un profeta che si situa in maniera anonima nel solco del grande Isaia pre-esilico, ne prolunga gli oracoli con l'obiettivo di riaccendere la fiducia e la speranza del popolo, ed in particolare la sua fede. Guardando il futuro con questi occhi può annunciare la nuova Gerusalemme, spendente della gloria divina e centro del mondo nuovo: tutti i popoli verranno a lei per lodare il Signore. Agli sfiduciati che lo circondano questo profeta anonimo propone un'immagine di particolare dolcezza e consolazione: "come una madre consola un figlio, così Dio consolerà il suo popolo". Il messaggio biblico, già nell'Antico Testamento, è un annuncio di consolazione per tutti i popoli.

SECONDA LETTURA
Gàlati (6,14-18)
Paolo, che nel passato credeva di avere la salvezza grazie alle pratiche della fede giudaica: circoncisione, usi e costumi rituali, ha ormai chiaramente rinunciato a questa strada. Questo passaggio non è stato indolore, ma ha richiesto un mutamento radicale del suo modo di pensare e di vivere. E' stata di fatto la morte della vita di prima e la nascita ad una nuova vita. Per questo legge il suo cambiamento come un partecipare al mistero pasquale di Cristo, che è mistero di morte e di vita nuova. Ora è entrato in una nuova esistenza che fino ad allora gli era sconosciuta. Può dunque sopportare le persecuzioni senza turbamento, perché si colloca ormai in un mondo diverso da quello dei suoi nemici: egli ha già superato la soglia della paura della morte per essere ormai soltanto attratto dalla bellezza della vita eterna. Questo è il cuore dell'annuncio che porta a tutti i popoli della terra.

VANGELO
Luca (10,1-12.17-20)
Nella nostra lettura della Bibbia leggiamo spesso tantissimi numeri ma passiamo dall'uno all'altro senza avere cercato di rispondere alle domande più semplici. In questo caso: perché Gesù invia proprio 72 discepoli e non 70 o 73?
Contando tutti i discendenti dei tre figli di Noè secondo il libro della Genesi, si arriva al numero di 72. Almeno secondo la suddivisione tradizionale ebraica di questi nomi. Al tempo di Gesù dunque i rabbini insegnavano che: secondo la Bibbia, dopo il diluvio, 72 popoli cominciarono a diffondersi nel mondo. Il numero 72 rappresentava così tutti i popoli della terra e Gesù inviando i suoi discepoli ad annunciare il regno di Dio, indica con questo numero che la missione non ha confini o popoli privilegiati.
Tutta la terra con tutti i suoi popoli è chiamata ad accogliere il Vangelo, la buona notizia. E la buona notizia è questa: "è vicino a voi il regno di Dio!". La salvezza per l'umanità e per ogni singolo uomo è a portata di mano, basta accoglierla con fede.
E' abbastanza evidente che per dei portatori di un tale messaggio la messe in attesa, bisognosa di ascoltarlo e di accoglierlo, sia molta.
Quanta gente nel mondo vive in situazioni di sofferenza fisica e spirituale, quanta gente sente il bisogno di essere salvata, capita, ascoltata, accolta! Quanta gente ha perso la speranza, cioè un senso sereno con cui guardare l'avvenire, nella certezza che la propria vita è "in buone mani".
Quanta gente ha perso la fede, cioè quella luce che indica un senso in tutto ciò che facciamo.
Quanta gente non ha mai conosciuto la gioia della carità, la sensazione di intima felicità che comunica ogni buona azione nei confronti del prossimo fatta con l'aiuto di Dio, per puro amore e con totale gratuità.
Veramente la messe che attende l'annuncio del Vangelo è molta! Ma questa moltitudine mette ancora più in rilievo il fatto che, gli operai disposti a questa seminagione e poi ad una ricca mietitura, sono e saranno sempre pochi.
Il motivo è semplice: per potere seminare il Vangelo e poi per poterne raccogliere i frutti è necessario che prima quello stesso vangelo abbia almeno iniziato a germogliare nel cuore del seminatore. Solo chi ha sperimentato nella sua vita la ricchezza dei doni di Dio può farsene testimone ed annunciatore presso i fratelli.
Oggi spesso si parla di crisi delle vocazioni, soprattutto di quelle di particolare consacrazione alla vita attiva, come sacerdoti, suore, frati ecc. E' ora di dire una parola chiara sull'argomento: non è vero che le vocazioni sono poche!
Le vocazioni sono perfettamente proporzionali ai veri cristiani, alle famiglie che vivono con gioia ed impegno la fede. A quanti danno a Dio, nella loro vita quotidiana, nelle loro scelte, nel loro tempo, il posto che si merita.
Solo quando aumenterà il numero dei veri cristiani potremo assistere ad un significativo aumento delle vocazioni religiose e presbiterali.
A questo proposito la raccomandazione di Gesù merita di essere sottolineata: dopo aver notato che gli operai sono pochi, Gesù non propone di incrementare le vocazioni rendendo più facile ed allettante la vita del chiamato. Né semplificando le procedure di preparazione e di ingresso per il servizio del Regno. Né invitando i cristiani a piangere in ogni occasione, lamentando questa carenza. Ma molto costruttivamente invitandoli a pregare. Ricordando che non c'è vera preghiera cristiana se non è accompagnata da un sincero impegno di conversione, da parte di chi leva le mani al cielo per implorare Dio.