Omelia (04-07-2010) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Domenica scorsa il tema di riflessione che ci avevano posto le letture era la vocazione, quelle di questa domenica ci fanno fare un passo in avanti: da chiamati ad inviati. Nella prima lettura il profeta Isaia usa l'immagine di una Gerusalemme che si trasforma in una città di pace e di serenità, una città prospera e felice che attirerà a sé tutti i popoli della terra, grazie all'azione e alla bontà di Dio, che rende la città stessa capace di accogliere come una madre affettuosa che nutre e consola. Nella seconda lettura Paolo, l'apostolo scelto da Gesù per andare ad annunciarlo a tutte le genti, ci dice che il suo impegno missionario fondamentale è l'annuncio del Crocefisso, davanti al quale vengono superate tutte le divisioni, le discussioni. Le stigmate di cui ci parla san Paolo, cioè il marchio a fuoco che il padrone faceva allo schiavo che era fuggito, rappresentano per noi il segno indelebile che manifestano la nostra adesione a Cristo e sono per noi motivo di vanto e di orgoglio. Luca nel suo vangelo ci ricorda che la missione suppone un invio, e come i 72 discepoli bisogna partire e non restare oziosi a lamentarsi delle cose che non vanno. Bisogna partire con la sola forza della gioia che viene da Dio e con il coraggio che ci viene dalla speranza agendo con amore: è questo che motiva ogni nostra azione. Non sono certamente i mezzi e le strutture a rendere efficace la parola di Dio, ma la nostra testimonianza. Gesù ci ricorda che il discepolo non deve presentare se stesso, né le proprie idee, ma il Vangelo di Gesù. Non deve accontentarsi di parlare del Vangelo solo se interrogato, non deve solo dare una risposta, ma preoccuparsi di stimolare le persone. Non si tratta di convertire, è Dio che converte, non dobbiamo salvare il mondo: il mondo è già salvo, ma nella maggioranza dei casi non sa di esserlo. Però Gesù ricorda che lo scontro con il mondo non è ad armi pari. Dobbiamo andare verso i fratelli con la semplicità della Parola, ancor meglio se accompagnata dalla testimonianza, quasi in punta di piedi, perché sappiamo che la potenza della Parola non è nel nostro modo di offrirla o nella ricercatezza del linguaggio, ma nella forza dello Spirito. Occorre avere fede nella Parola che si annuncia e sempre tener presente che senza la conoscenza della Parola, i Sacramenti perdono la loro immensa potenza e diventano cerimonie esteriori, obblighi da soddisfare, tappe della vita che presto si dimenticano. Così accade anche per il Matrimonio che se vissuto senza la spinta missionaria che ci indica Gesù, se non è sostenuto dalla Parola perde la sua caratteristica d'essere il centro vitale della testimonianza d'amore nel mondo in cui vive ed opera. La sfida che ci lanciano le letture di oggi, come coppia, come famiglie, come animatori impegnati nella preparazione dei fidanzati al matrimonio è quella di far uscire Dio dalle chiese e riportarlo là dove aveva deciso di vivere, tra la gente, per farlo tornare in quella umanità che aveva deciso di assumere. Per la riflessione di coppia e di famiglia. • Nei momenti di crisi, di dubbio, dove abbiamo fatto esperienza che Dio è consolazione? Come siamo stati capaci accogliere questa consolazione e di portarla agli altri? • Il vangelo non è a pagamento, il discepolo annuncia non con le sue parole, ma con la Parola di Dio e testimonia con la vita la bontà della Parola annunciata. E noi? Commento a cura di Anna e Carlo Beltramo |