Omelia (23-05-2010) |
mons. Roberto Brunelli |
Insegnerà ogni cosa La Pasqua, massima solennità cristiana, era già una festa anche per gli ebrei, e altrettanto lo era la Pentecoste, che cadeva come oggi, vale a dire, come indica il suo nome, cinquanta giorni dopo. La coincidenza non è casuale, e costituisce uno dei tanti elementi che ebrei e cristiani hanno in comune; tuttavia il significato delle due feste non è lo stesso per entrambi. Oggi i cristiani ricordano il fatto dello Spirito Santo disceso in forma visibile sugli apostoli, e indirettamente celebrano il dono dello Spirito che nella sua infinita bontà Dio continua a elargire, attraverso il battesimo, la cresima e tutti gli altri sacramenti. La presenza dello Spirito Santo negli apostoli e poi in tutti i cristiani, cioè nella Chiesa, è fondamentale, e per questo le sacre Scritture ne parlano ripetutamente. Domenica scorsa abbiamo sentito che prima di ascendere al cielo Gesù ha raccomandato agli apostoli di restare a Gerusalemme sino a quando non avessero ricevuto quel dono; ma già in precedenza egli l'aveva annunciato e spiegato. Il vangelo di oggi, tratto dai discorsi rivolti da Gesù agli apostoli durante l'ultima cena, annuncia e spiega: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Sono parole molto eloquenti. Anzitutto Gesù chiama lo Spirito con un nome che già dichiara il suo ruolo presso gli uomini: Paràclito significa amico, consigliere, difensore, consolatore. Dice poi che lo Spirito è dono di Dio Padre, elargito nel nome di Gesù, cioè per sua volontà e per i suoi meriti. Il dono è dunque un frutto della Pasqua, e una manifestazione della Trinità, all'opera per il bene degli uomini: Dio il Padre ha voluto la redenzione dell'umanità, Dio il Figlio l'ha compiuta con la sua morte e risurrezione, Dio lo Spirito ne porta i benefici a quanti li vogliono accogliere. Inoltre, Gesù parla di uno dei ruoli che lo Spirito svolge: insegnare e ricordare. I vangeli, le lettere di Paolo e insomma tutta quella parte della Bibbia che chiamiamo Nuovo Testamento raccoglie quanto i primi cristiani, sotto la guida dello Spirito Santo, ricordavano e avevano capito delle parole e dell'opera di Gesù. Ma la comprensione delle ricchezze racchiuse nell'operato di Gesù non può né potrà mai dirsi conclusa, per due buone ragioni: perché quelle ricchezze sono infinite e dunque inesauribili, e perché hanno un valore perenne, per cui prendono sempre nuova luce col mutare delle situazioni cui vanno applicate. In altri termini: ogni uomo è unico, è irripetibile, ha qualcosa di esclusivamente suo da illuminare con la Parola di Dio; gli uomini nel loro insieme fanno la storia, creando o fronteggiando situazioni ogni giorno diverse, da discernere e orientare secondo la Parola di Dio. Dio ha parlato una volta per sempre; lo Spirito Santo guida a recepire il messaggio nel modo giusto, per tradurlo al meglio nella realtà in continua mutazione. Concretamente, tuttavia, ci si può chiedere chi e come può capire quale sia la volontà di Dio nelle diverse circostanze, e in proposito la risposta non manca. Il primato è della coscienza, che sa capire e valutare e decidere tanto più e meglio quanto più e meglio conosce l'immutabile Parola di Dio (da qui la necessità per i cristiani di familiarizzarsi con la Bibbia, senza mai presumere di conoscerla "abbastanza"). Inoltre, nella sua bontà Gesù ha predisposto un aiuto vivente e perenne, in grado di "leggere" la Bibbia come si conviene. E' questo uno dei compiti della Chiesa, che lo può svolgere perché così lui ha voluto: "Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa". |