Omelia (20-12-1998)
mons. Antonio Riboldi
Chiedi un segno al Signore

E' davvero una vigilia di Natale tristissima quella che stiamo vivendo. Un poco tutti, anche se sotto diverse modalità, aspettiamo il Natale come uno degli appuntamenti della gioia, di quella gioia che dovrebbe essere il senso quotidiano della vita ed invece pare relegato a poche circostanze.
E il mondo che sembra ami trasformare questa voglia di pace in un enorme mercato di doni, circondato di false luci, oggi., davanti ai fatti sconvolgenti che oramai entrano in casa nostra, in diretta, (mi riferisco alla nuova guerra scatenatasi in Iraq – sente il bisogno di trattenere il passo verso la gioia e di chiedersi che senso ha tutta questa tragedia. O come si concilia la nascita del Figlio di Dio, il Dio della pace, con il furore della guerra.
"Con la guerra tutti sono perdenti", ripete continuamente la Chiesa. Ed è veramente così, se guardiamo alla storia. Ma aldilà dei vantaggi materiali – perché purtroppo di questo tante volte si tratta nelle guerre, più che difesa dell'uomo – è concepibile lo stesso principio della guerra che oggi conosce armi così sofisticate che sembrano essere il trionfo della distruzione e della morte, più che il trionfo della civiltà? Ma l'uomo della strada che non conosce i sentieri tortuosi della politica che troppe volte insegue la voglia di potere da una parte e dall'altra, come viene considerato?. Che uomo è mai questo che deve vivere una vita sotto l'incubo dei bombardamenti, della fame, dei vari embargo?
Ci dicono le cronache che in questi due giorni è stato lanciato più esplosivo che in tanti anni di guerre passate. Quanto male ha prodotto? Soprattutto in un mondo che deve usare tutte le sue forze per costruire una casa comune di pace dove tutti possiamo vivere come fratelli, ci si attende ben altro.
Si è davvero allontanato, e molto, l'uomo del nostro tempo dalla grotta della pace che è Betlemme dove Dio ha voluto scendere per trovare dimora tra noi, condividere le nostre gioie e speranze, angosce e sofferenze e quindi indicarci le vie che hanno il respiro del Cielo.
Comprendiamo allora questo nostro tempo che si dispera quasi nel trovarsi di fronte a questi drammi di inciviltà che sono barbarie. Ma è un lamento che si ferma lì e non conosce il coraggio di andare 'oltre': ossia di diventare costruttori di pace, a cominciare da se stesso, togliendo dalla propria vita tutto quello che non è pace.
La tristezza che oscura questa vigilia di Natale, se siamo uomini di fede e persone responsabili, ci fa sentire ancora di più il bisogno di accelerare i nostri passi verso la grotta di Gesù, per avere da Lui il canto degli Angeli: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama".
I tempi del profeta Isaìa non erano certo migliori dei nostri. Ed oggi, così parla: "In quei giorni il Signore così parlò ad Acaz: "Chiedi un segno dal Signore Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto".
Ma Acaz rispose: "Non lo chiederò, non voglio tentare Dio oltre".
Allora Isaìa disse: "Ascoltate, casa di Davide! Non siete contenti di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele: Dio-con-noi". (Is. 7,10-14).
E' davvero la grande speranza che sostiene gli uomini di fede, anche di fronte a fatti gravissimi di guerra, saper che esista non solo una pazienza di Dio, ma Lui sa stare con noi e condurre gli uomini su quella strada della pace che Lui stesso traccia: Lui che sa scrivere sulle nostre righe stolte. Perché davvero, nonostante tutto, Lui tiene stretto il nostro dito che ama scarabocchiare la vita, più che glorificarla.
Miei cari amici di Internet, e giustissimo che ci indigniamo, e fortemente, davanti alla guerra. Non lo facessimo, rischieremmo di porci tra gli uomini che amano la morte e non la vita, oppure tra la schiera degli indifferenti che chiudono le porte sul mondo, per godersi 'in pace', il Natale da soli.
E non è possibile: perché lo vogliamo o no, il mondo oramai ci appartiene tutto intero con i suoi atti da paradiso e da inferno. Per ora un augurio di speranza.
Che quando verrà il Signore ci trovi pronti ad accoglierLo nella povera mangiatoia della nostra vita