Omelia (18-11-2001)
padre Paul Devreux
Lc 21, 5-19

Lc.21,5-19.
Gesù ci invita a non confidare nelle cose che vediamo, perché passeranno anche quelle che sembrano più solide. I discepoli si preoccupano e gli domandano: "quando!".

Questa richiesta nasce dal'angoscia del non sapere quanto mi resta da vivere.

Gesù risponde facendo una descrizione di ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ma il suo intento non è quello di spaventare quanto di dare una buona notizia: Malgrado le apparenze, "nemmeno un capello del vostro capo perirà"

Cosa può aiutarci a credere in questa dichiarazione di Gesù?

Anche perché Gesù ci invita a testimoniare il vangelo, e il testimone è il martire, o per lo meno colui che annuncia il Vangelo pur sapendo di rimetterci qualche cosa!

Chi annuncia il Vangelo, e prova a fare del bene, disturba la coscienza di chi non lo fa', e sarà perseguitato, perché nessuno sopporta di avere vicino
una persone più buona di se, perché ti mette nell'ombra. Oggi, per un giovane, dichiararsi Cristiano, significa esporsi ad un martirio continuo. Per non parlare poi di chi è confrontato con delle realtà di ingiustizie sociali o malavitose. I martiri veri ci sono anche oggi, e non solo all'estero.

La tattica del male è sempre la stessa: Eliminare chi prova a fare del bene, soprattutto se ci riesce, dividere le persone, promuovere l'individualismo e il disimpegno in modo che anche chi ha in mano il potere si disinteressi del bene comune.

Il bisogno del testimone c'è sempre e dappertutto; dove non c'è, c'è miseria e ingiustizie. Gesù dice che proprio queste situazioni sono quelle che ci danno la possibilità di essere testimoni: ma di ché?

Di ciò che abbiamo visto e contemplato: Un uomo che andava in giro per la Palestina, facendo del bene a tutti, e parlando della bontà del suo Papa celeste. Un amico come tutti vorremmo avere, e che è stato ammazzato. Un uomo capace di perdonare persino i suoi carnefici! Un uomo che ha saputo vivere e morie amando di un amore che non può morire, tant'è vero che se ne parla ancora oggi.

Gesù ci invita a parlare di lui e a testimoniare la sua bontà, per "salvare la nostra anima" dalla disperazione, dallo scoraggiamento, da quel senso di impotenza che ci paralizza di fronte alla morte. Guardando a lui anche la fine diventa un fine, perché un uomo che muore cosi non può morire, e trascina con se chiunque prova ad amare, accogliendolo come fratello per la vita eterna.

L'anima del Cristiano è quella di una speranza che non muore. Signore confermami in questa speranza.