Omelia (12-08-2007)
don Ezio Stermieri
La fede è la nostra identità

Basta una sola parola per indicare il fulcro della identità cristiana e la ragione della nostra presenza missionaria anche nel mondo di oggi: Fede.
Questa scelta, orientamento e sorgente di scelte per la vita, Gesù (vangelo) la chiede al "piccolo gregge" in riferimento alla sua persona. È fede - fiducia che supera ogni timore (non temere!) perché la Signoria (il Regno) di Dio è all'opera. Richiede libertà e distacco da inutili sicurezze e generosità che parte dal cuore. Esige vigilanza e prontezza di chi è consapevole che la misura e il valore delle cose è "oltre": la vita si valuta dall'ingresso finale nel Regno e richiede di essere "svegli" perché sono troppe le trappole delle preoccupazioni, dei pensieri, delle mode... pronte ad addormentare le coscienze, rendere intermittenti i pensieri, indebolire o vanificare i propositi. Ben presto ci si trova addormentati o implosi, preoccupati solo dell'homo famelicus piegato sul proprio "io" insoddisfatto, irascibile, facile ad ubriacarsi, incattivirsi, drogarsi per render sempre più breve la strada della gioia. Questa fede ci avvisa la lettera agli ebrei e dunque la prima catechesi della comunità cristiana non è atto volontaristico. Ha precisi riferimenti: Abramo, Isacco, Giacobbe, Sara e sempre, partendo dall'intervento di Dio mette l'uomo sulla strada della speranza e dell'impegno di sé per arrivare al compimento. È fede, dice l'antico testo, che non riguarda solo le cose della vita che richiedono di per sé fiducia e speranza ma la vita stessa. Abramo aveva una tale fede in Dio da pensarlo più forte della stessa morte e capace di far risorgere dai morti. Per questo riebbe Isacco come un simbolo; in vista di Gesù Cristo nostro fondamento "delle cose che si sperano e prova di quelle che (ancora) non si vedono". È la Pasqua, sia per il popolo di Israele, come con accenti lirici racconta il libro della Sapienza, sia per noi cristiani, il "fatto" che Dio pone nella storia a fondamento della nostra fede. Quando quello che Dio ha fatto nella storia e in Gesù è dimenticato, non trasmesso, ridotto a mito o a passione inutile, è la società stessa che implode. L'educazione è senza ideali e senza "paletti"; la fatica della crescita e della responsabilità diventa tornaconto o implode nel disimpegno; la famiglia è la continuazione nei figli mancanza di furbizia (è forse considerato "furbo" chi ha figli?); la cultura narcisismo, la storia dialettica per la sopravvivenza, l'esistenza un precipitare nel vuoto. Riprendere coscienza che proprio noi siamo stati posti nella storia perché per la nostra fede diventiamo lievito di speranza darà senz'altro impulso e nuovo vigore e ragione alla stessa vita della nostra parrocchia.