Omelia (26-08-2007) |
don Ezio Stermieri |
una salvezza esistenziale Il cristianesimo, nella sua essenza, è fede-fiducia che Dio, in Cristo, è salvezza, perché ci dona il suo Spirito. Oh certo, non puramente una salvezza "mondana", come di quelle che la storia registra come tentativi che l'umanità cerca di darsi da sola e ultimamente anche a prescindere è contro Dio. Una salvezza che viene da Dio e in ultima analisi conduce a Lui: una salvezza esistenziale. Ora, all'interno del pluralismo religioso, in mezzo alle infinite "salvezze" preconfezionate in cui viviamo, è lecita anche oggi la domanda di "quel tale" del vangelo: sono pochi quelli che si salvano? È lecito e doverosa perché chiarisce che la salvezza è dono di Dio che salva non con i nostri criteri; perché ha un metro di giudizio che noi facilmente perdiamo: Dio guarda al cuore. Egli ha posto nella storia un segno, un movimento, una legge di salvezza, ma ha anche posto in ogni uomo, razza, religione, cultura un orientamento alla salvezza, diciamo pure verso Cristo che non è in nostro potere o arbitrio valutare. Alla fine ci saranno sorprese per tutti. Dice Gesù: sforzatevi! E parla della via e della salvezza come di "porta stretta". Dunque la salvezza non è per appartenenza culturale, religiosa, etnica. Di più! Potremmo anche essere stati suoi commensali, suoi predicatori (a parole, s'intende!) e sentirci dire: non so di dove siete! Perché Lui è del Cielo, "dell'oltre" e noi, nonostante tutto, continuiamo ad essere radicalmente "mondani". Il fatto che nei secoli i cristiani siano giunti alla conclusione che fuori della chiesa non c'è salvezza non è un problema che riguarda quelli fuori, perché "da oriente ed occidente..." Dio sta conducendo alla salvezza, perché egli vuole che ogni uomo sia salvo. È un problema nostro di trasparenza, di questa salvezza, e dunque di responsabilità e di "missione": la salvezza che ogni uomo cerca ha un volto, un nome, una verità, una via, si chiama Gesù. Come dice Isaia: lo stupendo programma di Dio di radunare, salvare, mostrare la sua Gloria è consegnato alla storia, alla libertà umana di ricondurre in fraternità i popoli o tragicamente fare anche della religione uno strumento di disperazione e non di salvezza. Soprattutto oggi, noi che abbiamo ricevuto la fede che salva non dobbiamo disprezzare la correzione del Signore. Non farci detentori della salvezza come ne fossimo padroni ma farcene testimoni credenti e credibili. Quanto è attuale allora l'invito: "rinfrancate le mani cadenti, le ginocchia infiacchite, fate passi diritti con i vostri piedi". Un buon programma per un nuovo anno. Un programma di "salvezza". |