| Omelia (27-01-2008) |
| don Roberto Rossi |
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Convertitevi, il Regno di Dio è vicino! Gesù dice le prime parole:"Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17) Gesù invita a mettere in discussione se stessi, a cambiare mentalità, a buttare via le speranze ingannevoli e a cercare la Speranza che non inganna. Non temiamo le prove, le sconfitte, le delusioni: quando va in frantumi un progetto umano, Dio trova il suo spazio migliore. Quando cadono le sicurezze umane, è l'ora della sicurezza di Dio. Dio si trova su questa strada di contestazione di se stessi: infatti non è al termine dei bei ragionamenti che si incontra Dio, ma vivendo umilmente attenti e disponibili all'incontro con Qualcuno, con il Signore della vita. "Convertitevi" vale per noi, perché "il paganesimo non finisce mai di morire in noi e il cristianesimo non finisce mai di nascere" (così diceva papa Giovanni XXIII ) "Convertitevi": i nemici della Chiesa non possono distruggere la Chiesa. "Il vero nemico della Chiesa è dentro di noi: è il peccato" (diceva Charles De Foucauld). Se capissimo questo, cadremmo in ginocchio e sentiremmo il battito del Cuore di Dio. Convertirsi vuol dire cambiare vita, passare dall'egoismo all'amore di Dio e del prossimo. Per questo abbiamo bisogno della forza del Signore, per questo dobbiamo mettere tutta la nostra buona volontà. Da che cosa io ho bisogno oggi di convertirmi? In che modo posso vivere questa conversione, questa vita nuova? Ed ecco le prime persone chiamate da Gesù. Egli chiama Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo. Gesù non avrebbe fatto meglio a riservare a se l'impegno dell'annuncio del Vangelo e della lievitazione del mondo attraverso il Vangelo? No! Cristo chiama gli uomini poveri e fragili perché Egli gode nel suscitare collaborazione; Dio è felice nel coinvolgerci nell'opera della salvezza. Pensandoci bene, deve essere così. Dio ci dona la luce. Noi siamo dunque chiamati ad illuminare. Il dono della salvezza ci fa salvatori con il Salvatore. Questo è il disegno di Dio, ma chiediamoci con sincerità: noi siamo collaboratori di Cristo? Abbiamo coscienza di questa responsabilità? Spesso noi sembriamo consumatori di culto, invece di essere persone vive che hanno sentito una chiamata; sembriamo gente mossa da abitudini religiose invece di essere annunciatori attivi del Regno di Dio, cioè di Gesù Cristo. Ma come dobbiamo essere collaboratori di Gesù? San Paolo, nella seconda lettura (1 Cor 1,10-13,17), riferisce con sofferenza le sue riflessioni sulla comunità cristiana di Corinto, che era una Chiesa divisa. Una Chiesa divisa non annuncia Cristo, ma è una smentita di Cristo. La nostra prima collaborazione sta nell'essere un popolo nuovo che vive l'amore, la misericordia, il perdono. Cristo si attende questo da noi: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gi altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,34-35). L'apostolato cristiano non è una gara vanitosa a chi fa di più, ma è soprattutto una vita nuova: la vita della carità; la vita di Dio in noi, nella famiglia, nella comunità. Se le opere di apostolato non nascono dalla carità vissuta, sono fatiche a vuoto, sono gesti sterili che non porteranno frutti perché sono staccati da Dio. Seguiamo Cristo nei primi passi della Sua attività missionaria e cerchiamo di capire le Sue scelte per farle nostre. Gesù inizia il suo ministero in Galilea, una regione storicamente provata e inquinata dal continuo passaggio di popoli stranieri; i galilei stessi erano ritenuti gente poco evoluta e avevano pochissimo peso nella vita di Israele. Gesù comincia da loro: è una Sua scelta. Una costante del comportamento di Dio è, infatti, questa: mettersi dalla parte degli ultimi, accostarsi alle situazioni disperate, avvicinarsi a chi è allontanato dagli altri. Dirà san Paolo: " Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono" (1 Cor 1,27-28) Quale lezione! Noi credenti dobbiamo avere un solo interesse: i poveri, gli ultimi, coloro che non contano, coloro che non pesano di arroganza e di presunzione. La Chiesa italiana davanti al fenomeno della cristianizzazione legato al diffondersi di un benessere vuoto ed egoista, più volte in questi anni ha detto a se stessa: ripartiamo dagli ultimi, ripartiamo da coloro che non contano. Non cerchiamo situazioni di comodo, ma cerchiamo situazioni di servizio per poter donare e amare di più. E' questa la strada che ci ha insegnato Gesù. |