Omelia (30-12-2007)
padre Ermes Ronchi
In quella Famiglia le sorti del mondo

Erode invia soldati, Dio manda un angelo dentro l'umile via dei sogni. Un granello di sogno ca­duto dentro gli ingranaggi duri della storia basta a modificarne il corso. Giuseppe nel suo sogno non vede, ma sente. Un sogno di parole. È quel­lo che è concesso anche a noi: Dio cammina accanto alle nostre paure con la sua Parola, cammina con tut­ti i rifugiati, e con chi dà loro soccor­so, con un sogno di parole, un sogno di Vangelo.
«Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in E­gitto». Un Dio che fugge nella notte! Perché comanda di fuggire, senza ga­rantire un futuro, senza segnare la strada e la data del ritorno? Dio non salva dalla sofferenza ma nella sof­ferenza, non salva dalla morte ma nella morte, non protegge dalla not­te ma nella notte.
Per tre volte Giuseppe sogna. Ogni volta un annuncio parziale, una pro­fezia di breve respiro. Eppure per par­tire non chiede di aver tutto chiaro, di vedere l'orizzonte, ma solo «tanta luce quanto basta al primo passo» (Henry Newman), tanta forza quan­ta ne serve per la prima notte. A Giu­seppe basta un Dio che intreccia il suo respiro con quello dei tre fug­giaschi per sapere che il viaggio va verso casa, anche se passa per l'Egit­to.
È la sua fede: io so che nel mondo comandano i più forti e i più violen­ti, so che Erode siede sul suo trono di morte, so che la vita è un'avventura di pericoli, di strade, di rifugi e di so­gni, ma so che dietro a tutto questo c'è un filo rosso il cui capo è saldo nella mano di Dio. So che in ogni vi­ta c'è un sogno di Dio che va lenta­mente incarnandosi.
So che tutto tende a separare, a scio­gliere quel nodo germinale della vi­ta che è la famiglia, ma so che Dio viene come gioia e come forza den­tro lo stringersi amoroso delle vite, dentro gli affetti, nelle nostre fami­glie.
Un padre, una madre, un figlio: le sorti del mondo si decidono den­tro una famiglia, nell'umile coraggio di una, di tante, di infinite creature in­namorate e silenziose.
Giuseppe il giusto rappresenta tutti i giusti della terra, uomini e donne che, prendendo su di sé vite d'altri, vivono l'amore senza contare fatiche e paure; tutti quelli che senza pro­clami e senza ricompense, in silen­zio, fanno ciò che devono fare; tutti coloro che sanno che «compito su­premo nel mondo è custodire delle vite con la propria vita» (Elias Ca­netti). E così fanno: concreti e insie­me sognatori, inermi eppure più for­ti di ogni faraone.