Omelia (16-12-2007)
LaParrocchia.it
Rallegratevi sempre nel Signore

Tradizionalmente il tema predominante in questa terza domenica di Avvento è quello della gioia. Il motivo della gioia è indicato fin dall'antifona d'ingresso, da cui prende il nome questa domenica (Gaudete): "Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino". E' la gioia di chi attende con speranza il Signore.

In Gesù di Nazaret Dio è davvero venuto a salvarci. Noi attendiamo solo la manifestazione piena di quello che si è già compiuto.
Giovanni ha sentito parlare delle opere del Messia, già narrate nei cc. 8-9 e ora esposte con citazioni profetiche soprattutto Isaiane: "i ciechi vedono" e i "sordi odono", "gli zoppi camminano", "i morti sono svegliati", "i poveri sono evangelizzati". Posta alla fine, in posizione volutamente strategica, l'opera messianica per eccellenza è l'evangelizzazione dei poveri, questo è ancora motivo di gioia, in quanto i più piccoli acquistano valore.

Ciò che ora si può udire e vedere, il miracolo della salvezza e l'annuncio del vangelo, devono suggerire ai messaggeri del Battista la risposta che la salvezza finale ha avuto inizio. Nel far precedere la salvezza al giudizio Gesù si distingue dal Battista. La salvezza operata da Gesù e sperimentabile nel presente è indicata da Matteo con l'espressione "le opere del Cristo". I miracoli e la buona novella diventano in Matteo la dimostrazione dell'intervento messianico di Gesù.
Gesù non dice: "Io ho fatto vedere i ciechi, ho fatto udire i sordi, ho guarito i lebbrosi...". Gesù dice: "Riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete" (che sono i verbi della fede). A Gesù non interessa tanto dire di sé, ma che si creda in lui. Altro motivo di gioia.
E' come se Matteo volesse dire che non si può sapere se Gesù sia veramente il Messia, se non ottenendo la prospettiva di colui cui il Messia-Gesù ha ridonato la vista.
Se dunque per Matteo l'attenzione che Gesù rivolge ai poveri costituisce la genuina attività messianica, è necessario un particolare atteggiamento per riconoscere accettare ciò. E' l'atteggiamento dei piccoli e degli insignificanti, che attendono l'aiuto da Dio. Il vangelo diretto ai poveri costituisce quindi il concetto chiave di tutto. Sono essi infatti che hanno la possibilità di ascoltare e accettare il vangelo.

La domanda che Giovanni pone a Gesù dice come nessuno possa gestire l'avvento del Signore. Ciò che sorprende è la risposta di Gesù. Gesù manifesta la sua identità nel momento in cui dichiara che i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti... Gesù lega la sua identità ai ciechi, agli storpi, ai lebbrosi, ai sordi, ai morti, ai poveri. Non solo Gesù lega la sua identità a loro, ma l'invito che Gesù rivolge ai ciechi, ai lebbrosi, ai sordi, agli storpi, ai morti, ai poveri è un invito a un cammino: per i ciechi alla vista, per gli storpi al camminare, per i lebbrosi alla guarigione, per i sordi all'udire, per i morti alla risurrezione, per i poveri ad essere partecipi della buona novella. Questa è l'identità del Signore. Motivo per continuare a gioire.

Non solo, ma questo è ciò che il Signore vuole che si manifesti di lui. Questo dovrà essere sempre di più l'orientamento delle nostre comunità cristiane, comunità che si definiscono cristiane, cioè di Cristo, nella misura in cui legheranno la loro identità a questa condizione che è la condizione scelta dal Cristo. La scelta preferenziale per i poveri vuol dire non rassegnarsi alla cecità, alla lebbra, alla sordità, alla morte, alla povertà; questo vuol dire riuscire a cogliere nell'evangelo la chiave di lettura di ogni situazione di miseria. Va dunque annunciata la misericordia; la nostra chiesa manca spesso di questa dimensione di missionarietà.
Per cui la chiesa prepara la venuta di Gesù nella misura in cui annuncia il modo in cui Gesù si manifesterà. Si è messaggeri quando si è vista per i ciechi, cammino per gli storpi, guarigione per i lebbrosi, udito per i sordi, risurrezione per i morti, annuncio del vangelo per i poveri.

La conclusione è che Gesù inaugura una realtà nuova, quella del regno di Dio, la realtà dei piccoli, realtà che non è più la realtà dei nati di donna. Questo vuol dire che c'è una realtà nuova nella quale la logica è quella del più piccolo, cioè del Cristo. Questo giustifica il cambiamento di ogni gerarchia. Il Cristo inaugura questa realtà nuova, la realtà del regno di Dio nella quale lui, il Cristo, è il più grande.