Omelia (16-12-2007)
padre Ermes Ronchi
La fede, luce e strada mai conclusa

«Sei tu colui che deve venire?».
«Sì. Perché attorno a Gesù fiorisce il dubbio anzi­ché l'adesione immediata? Perché dubitano anche i profeti? Alla scuola del dub­bio, tutti impariamo a puri­ficare la qualità della vita di fede. Nella fede c'è tanta chiarezza quanta serve a camminare e tanta oscurità quanta basta per dubitare: in Giovanni convivono un i­sraelita che si affida al rabbi galileo, e un giudeo che non si fida. Ma il dubbio non rie­sce a spegnere la passione del profeta per il Messia: «oppure devo attendere un altro?». Se mi deludi, io con­tinuerò a cercare; se non sei tu, io non mi arrendo, con­tinuerò a sperare. Il profeta proclama una attesa più for­te del dubbio. «Attendere, infinito del verbo amare» ( Tonino Bello). Il profeta non si vergogna dei suoi dubbi, sono misteriosa pro­fezia, parola sapiente per la nostra vita, motore per una ricerca, infinita come il ver­bo amare.
Gesù risponde con un rac­conto, non con un sì o un no; un racconto che non dimo­stra ma mostra, che convo­ca il dolore, le Scritture, il vi­cino di casa, il lavorio del cuore, e lascia libero: è ve­nuto uno che non entra nei palazzi, ma nel male di vi­vere, che s'interessa di leb­brosi anziché di rabbini. U­na corte dei miracoli sorge attorno a lui, evocata da sei nomi: ciechi storpi lebbrosi sordi morti poveri...Il setti­mo nome, quello che man­ca perché l'elenco sia com­pleto, è il mio. Non pensiamo di ottenere da Dio risposte che cancel­lino ogni dubbio. La sua ri­sposta è semplice come un racconto; umile come la ri­sposta di Isaia (I lettura): co­raggio, fatti forza; povera come quella di Giacomo (II lettura): abbi pazienza, co­me contadino d'inverno; ci vuole eroismo a resistere su questa linea così poco mu­nita, a pazientare, a darsi co­raggio, a guardare germogli. Avrei preferito una risposta solare, evidente, chiara. Bea­to però chi non aspetta l'e­videnza ma la speranza. Beato chi accetta la fede co­me luce e come strada mai conclusa.
Alla fine il racconto diventa domanda: cosa siete andati a vedere nel deserto? Vede­re, dice, non imparare. Dio si mostra, non si dimostra. La fede ha bisogno di un capi­tale di testimoni per essere creduta. Forse noi non sia­mo più creduti, perché sia­mo fede senza corpo, una canna che si piega a tutto, così lontani da Giovanni del deserto, profeta che si fa do­manda, ma che nulla piega se non il soffio di Dio.