Omelia (15-07-2007) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Nelle domeniche precedenti, durante la spiegazione del Vangelo abbiamo preso in considerazione le note della Chiesa, quelle che recitiamo nel Credo, ossia noi crediamo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Questo ci ha aiutato ad avere una idea della Chiesa più corrispondente al suo mistero. La Chiesa infatti non è solo un'associazione umana, che dura da parecchio tempo per altro, ma è la comunità della salvezza, ovvero come dice il Concilio Vaticano II è "il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" L'umanità del Figlio di Dio servì da vivo strumento di salvezza a lui indissolubilmente unito, in modo simile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo per la diffusione del Regno di Dio. Non si può separare Cristo dalla Chiesa, né all'interno della Chiesa è opportuno distinguere troppo fra una Chiesa santa e una Chiesa solo organizzazione esterna. Questo è il pensiero del Concilio. Il Vangelo di oggi ci porta a occuparci ancora della Chiesa, soffermandoci su uno dei suoi ambiti principali: la Carità. Scrive papa Benedetto nella sua enciclica: "L'amore del prossimo radicato nell'amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l'intera comunità ecclesiale... Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare la carità." Continua ancora papa Benedetto: "La Chiesa non può trascurare il servizio della carità così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola." Gli altri due ambiti di vita che non possono mancare nella Chiesa infatti insieme alla Carità sono la Liturgia e la Catechesi, ma su questi ulteriori aspetti mi intratterrò nelle domeniche successive. La migliore testimonianza che la Chiesa possa dare a chi la guarda dall'esterno è l'esercizio della carità. Raccontava un missionario che in Africa un capo musulmano riconosceva questa verità: "La fede è patrimonio dell'Islam, la speranza degli Ebrei, ma la carità appartiene ai Cristiani". La parabola del buon Samaritano nel corso della storia non ha mai smesso di interpellare la coscienza dei credenti in Cristo ed è ai nostri giorni più attuale che mai. Per evitare il pericolo di passare oltre senza prendere seriamente in considerazione questo tema, esaminiamo il brano fin dal principio. In apertura questo Vangelo ci ricorda anzi tutto che il problema della carità è una questione religiosa. Il dottore della legge, esperto nelle questioni teologiche, cita il doppio comandamento dell'amore, per Dio e per il prossimo, ma lo fa dopo aver interrogato Gesù sull'eternità: "Maestro che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Sul suo destino eterno uno si gioca tutto. Questa è la potenza della religione. La ricerca della propria personale felicità però non si può separare dall'amore, amore verso Dio, e amore del prossimo. Sarà felice per sempre, chi fin da adesso avrà incominciato ad amare Dio e gli altri che al pari di lui sono suoi figli e deve considerare fratelli in Cristo. Il dottore della legge conosceva le indicazioni che Dio aveva dato per bocca di Mosè e alla controdomanda di Gesù che lo invitava a darsi da solo la risposta egli non sbaglia il verdetto: bisogna amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la forza e con tutta la mente e il prossimo come se stessi. Trova così conferma la riflessione del libro del Deuteronomio, sempre ad opera di Mosè che dice: "Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo..., non è di là dal mare.... Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica". Allora è solo una questione di buona volontà? Sembrerebbe di sì, ma la successiva domanda del dottore della legge ci mette sull'avviso. Senza l'aiuto della grazia di Cristo è impossibile adempiere perfettamente al comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Infatti fra le buone intenzioni e le realizzazioni pratiche c'è un abisso. Con la domanda: "Chi è il mio prossimo?" il dottore della legge intende sottrarsi al senso di smarrimento che si prova di fronte ad un compito generico e insieme arduo. "Da dove posso cominciare nell'amore verso gli altri?" sembra chiedere il dottore della legge, "E poi fin a che punto devo arrivare?". La risposta di Gesù è un capolavoro non tanto perché è originale e costruita bene, quanto perché è la descrizione di quello che Lui Gesù in quel momento stava portando avanti. Il buon Samaritano della storia infatti è un perfetto autoritratto dello stesso Signore. Quello che Gesù attribuisce al Samaritano, in realtà è quello che lui Gesù stava per fare. I Padri della Chiesa non si sono lasciati sfuggire l'occasione di chiarire le varie corrispondenze e hanno interpretato così il racconto. "L'umanità, creata da Dio, stava in Gerusalemme, cioè nella pace del paradiso terrestre, luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma l'uomo si mosse alla ricerca di un'altra felicità, verso la città del peccato, che è Gerico. Come avviene per il figliol prodigo, questo abbandono del Padre fu fatale: Adamo incappa nei ladroni - Satana tentatore - che lo spoglia del dono dell'amicizia con Dio e lo ferisce nelle sue stesse capacità umane; adesso l'uomo, lasciato a sé solo, è incapace di resistere al male, e langue destinato alla morte lungo la strada della storia. Il sacerdote e il levita dell'Antica Alleanza passano a fianco di questa umanità, ma è un passaggio inefficace. Finché viene un Samaritano, appunto Cristo Salvatore, che, chinatosi su quest'uomo, lo mette sulla sua cavalcatura - l'umanità da lui assunta - per portarlo alla locanda - che è la Chiesa -, dentro la quale l'uomo possa ritrovare guarigione e vita...: nell'attesa del suo ritorno! Intanto lì è possibile il suo ricupero mediante le due monete lasciate dal Samaritano, che sono la Parola di Dio e i Sacramenti." Fin qui la lettura dei Padri della Chiesa. Al caravan serraglio tra Gerusalemme e Gerico un anonimo pellegrino del Medio-Evo scolpì su pietra una frase tuttora esistente: "Amico che leggi, se persino sacerdoti e leviti passano oltre la tua angoscia, sappi che Cristo è il buon samaritano, che avrà sempre compassione di te e, nell'ora della tua morte, ti porterà alla locanda eterna". In attesa di questa destinazione finale, frattanto, noi siamo invitati a prendere posto nella locanda terrena che è la Chiesa e se in questi ambienti ci stiamo bene non dobbiamo dimenticarci di quelli che fuori di lì patiscono e aspettano anche il nostro sollievo, se invece per vari motivi troviamo che in questa casa che è la Chiesa c'è qualcosa da migliorare, siamo invitati a fare la nostra parte dall'interno, in maniera costruttiva, superando le diffidenze e le resistenze umane e diventando noi stessi operatori di quella carità di cui soffriamo la mancanza. Anche questa è Carità e anche nella Chiesa e per la Chiesa c'è tanto da fare. |