Omelia (09-12-2007)
don Ricciotti Saurino
Sit-in

(La storia di Lorenzo 2)
Lorenzo si era addormentato col pensiero di quel "vegliate" e quella parola, momentaneamente accantonata quando ha adagiato la testa sul cuscino, risuona ora come una sveglia programmata per errore.
Sono le dieci ed è già in bagno. La mamma ha pensato subito a qualcosa che gli avesse fatto male: quante volte gli aveva detto di non mangiare tutte quegli intrugli giovanili dai nomi strani e, forse, anche dai contenuti e dalle cotture strane.
Era già pronta col solito rimprovero e con la tazzina di camomilla in mano, quando lo vede uscire già sbarbato e vestito.
"Come mai già in piedi a quest'ora?"
"Sto vegliando!" Le risponde con un gran sorriso.
"Io non vi capisco, voi giovani, state tutta la notte svegli a bighellonare e ora cosa significa 'sto vegliando'?"
"Troppo lungo da spiegare e poi... non mi rimproveri sempre perché dormo fino all'ora di pranzo? Bene! Ho rimesso ordine. A proposito: non bisogna andare a fare la fila dal dottore e a pagare il ticket?"
"Ma queste sono cose che possiamo fare noi che siamo anziani, tu sei giovane e non puoi perdere tempo con le file!"
Non ha terminato la frase che già sente il portone d'ingresso chiudersi rapidamente. Riesce solo a dire inutilmente: "Non hai fatto colazione..."
"Che altra storia è ricominciata?" Ne ha viste di stranezze e ora quella che sarebbe dovuta essere la normalità le sembra ancor più strana.
S'era talmente abituata al fare comodo ed egoistico del figlio che questo vento di novità la insospettisce.
Era così normale un tronco senza frutti che non riesce a spiegarsi da dove vengano questi gesti. Eppure, aveva scosso in tutte le maniere quel tronco, che lei riteneva rinsecchito dall'abitudine, dal vuoto, dalle stranezze, tanto che un germoglio improvviso e inatteso la spaventa.
Si chiede chi sia riuscito a trasformare ciò che lei non è stata capace di cambiare con anni di insistenza.
Aveva tante volte assistito ai bei discorsi di pace e di solidarietà insieme con gli amici. Li aveva visti capaci di marce, occupazioni, sit-in, digiuni per mille motivi, ma la fila dal dottore o agli sportelli della ASL l'aveva fatta sempre lei, le pesanti buste della spesa erano esclusivo suo compito, i vari pagamenti, e perfino le tasse scolastiche, si effettuavano solo se ci andava lei.
In casa il termine "giustizia" indicava esclusivamente i diritti del figlio.
Mentre vaga in questi pensieri, rimettendo in ordine la camera, s'accorge che, sbadatamente, Lorenzo ha dimenticato il telefonino, ha indossato gli abiti della sera precedente e, come se non bastasse, appesa al chiodo non c'è più la corona, regalata con tanto amore e diventata per anni ornamento della stanza.
Non sa cosa pensare, sorpresa da tutte quelle distrazioni inconcepibili per quel figlio suo precisino precisino, che nella fretta non ha neppure ordinato il pranzo.
Aveva sempre pensato che l'austerità è una saggia regola morale, che troppe comodità aumentano i vizi, che il rigore esterno spesso è sintomo di una determinazione interiore, ma ora le sembra che quel figlio sia uscito nudo di casa.
Quante volte aveva fatto alla perfezione la parte del tuonante Giovanni Battista, condannando la vanità, lo spreco, l'immoralità, la volgarità, il vuoto interiore e ora, che ha il sospetto di un ravvedimento, teme che sia vero.
E' proprio così: le cose bisogna dirle chiaramente, ma quasi quasi ci si augura che un figlio non le prenda sul serio.
E' facile richiamare alla moralità, ma non so quanto ne siamo convinti, o meglio, siamo convinti per gli altri, molto meno, e decisamente adattanti, per noi stessi e per i nostri affetti. E in cuor suo ogni mamma è pronta a giustificare ogni marachella delle proprie creature.
Un perfetto Giovanni Battista è colui che richiama all'onestà quando questa è testimoniata dalla propria vita e l'austerità e l'essenzialità assicurano e garantiscono l'impegno.
Lo sa bene il contadino che non si possono portare frutti buoni e abbondanti senza una decisa potatura.
E Lorenzo ci sta provando!