| Omelia (09-12-2007) |
| Il pane della domenica |
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Cambiate strada! E' in arrivo il regno dei cieli! 1. "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!": per quanto la legga e rilegga, questa frase non finisce di stupire e ancor più ci si stupisce del fatto - quasi unico, più che raro - che questa espressione ricorra per ben tre volte nello stesso vangelo. Sono infatti le prime parole che proclama il Battista (Mt 3,2), che annuncia lo stesso Gesù all'inizio della sua missione (Mt 4,17), e sono le primissime parole che dovranno predicare i discepoli quando saranno inviati in missione (Mt 10,7). L'evangelista Matteo vuole così mostrare Giovanni come l'anticipatore che prepara la strada al Cristo che viene, e i discepoli come i continuatori che proseguono la sua missione. Gesù è quindi il messaggero di un evento appena iniziato con la predicazione del Battista e ormai in pieno svolgimento. Il messaggio evangelico, prima di essere un insegnamento, è un annuncio, un grido di gioia: viene il Regno di Dio! Ma perché questa espressione è così importante per l'evangelista? La risposta è chiara. Perché essa contiene il kerygma, il messaggio-base di ogni missione cristiana. Nella sua semplicissima struttura, questo annuncio risulta composto da un imperativo (convertitevi!) e da un indicativo (il regno dei cieli è vicino). Quindi, un'esortazione e un'affermazione, un comportamento e un evento. Logicamente viene prima l'evento, realizzato da Dio - la venuta del suo regno - e poi la conseguenza che ne dobbiamo tirare - la nostra conversione. Come si vede, precede l'iniziativa di Dio, poi viene la nostra risposta; prima l'avvenimento, poi il comportamento; prima il dono-pegno, poi l'impegno. Ora ci dobbiamo porre un'altra domanda: cos'è questo "regno dei cieli"? Noi pensiamo subito a qualcosa che riguarda l'aldilà: la vita eterna. Certo, il Regno di Dio avrà una sua fase ultraterrena, ma la bella notizia che Gesù ci porta - e che Giovanni anticipa - è che il Regno di Dio non è più solo da attendere nel futuro; è in arrivo, anzi in qualche modo è già presente. La storia è arrivata alla svolta decisiva: la grande promessa comincia a realizzarsi. Dio viene a instaurare il suo regno nella nostra storia. Non risolve magicamente i nostri problemi, non cambia le situazioni come per incanto. Ma là dove viene accolto nell'umiltà e nella gratitudine, lì fiorisce la pace e la giustizia, la libertà e la vera fraternità. Beati allora i poveri! Beati gli afflitti! Beati i perseguitati! Con Gesù è Dio stesso che viene in mezzo a noi a liberarci dalla lebbra dell'egoismo, dalla peste dell'invidia, dalla droga del successo. A una condizione: che operiamo una inversione ad u nella nostra vita, un cambiamento di direzione: questa è la conversione. 2. Ma anziché fare discorsi teorici, conviene specchiarci in una storia concreta di conversione, quella di Francesco d'Assisi. Immaginiamo di incontrare il figlio di Pietro di Bernardone in una delle tante feste da lui organizzate: è un giovane che scoppia di vita e di sogni. E ha anche i mezzi per realizzarli. Ricco, intelligente, simpatico, forse alquanto esibizionista, con una voglia matta di stare sempre al centro dell'attenzione, sembra il tipo del "giovane lupo" che addenta la vita con avidità. Il suo avvenire è senza problemi: soldi, belle compagnie, notti folli. Cosa gli manca? Ecco come lo ricorderanno tre dei suoi primi compagni: "Non era spendaccione soltanto in pranzi o in divertimenti, ma passava ogni limite anche nel vestirsi. Si faceva confezionare abiti più sontuosi di quanto non convenisse alla sua condizione sociale, e nella smania dell'anticonformismo, arrivava a far cucire insieme nello stesso vestito stoffe preziose e toppe di panno grezzo" (Legenda dei tre compagni, I,2). C'è però una cosa che Francesco cerca e non trova: la felicità. Di questo passo non la troverà mai, perché scambia la gioia con il piacere, la libertà con la voglia, la verità con l'opinione. Francesco non è nato santo: lo è diventato. Le fonti francescane ricostruiscono in modo dettagliato e convergente il processo della sua conversione: dopo varie delusioni e sconfitte, il giovane Francesco viene toccato dalla grazia di Dio e vi si arrende, disarmato e disponibile. Finora non ha vissuto una vita dissoluta; ha semplicemente immaginato di poter servire Dio e gli idoli del suo tempo: la gloria militare, il piacere di festini e corteggi, il sogno di essere il primo, sempre e in tutto. Ora si ritrova distrutto, ma dopo varie esperienze, finalmente - leggiamo nella stessa Legenda - Francesco "smise di adorare se stesso". Questa è la conversione più radicale: è la rinuncia al padre di tutti gli idoli, il nostro Io, per far posto a Dio; è "allontanarsi dagli idoli per servire al Dio vivo e vero" (cfr. 1Ts 1,9b). Commento di Mons. Francesco Lambiasi tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Ave, Roma 2007, pagg. 18-20 |