Omelia (09-12-2007)
padre Gian Franco Scarpitta
Preparariamoci con Giovanni

Vestiva di peli di cammello, recava una cintura di pelle e il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Si parla di un uomo dalle consuetudini insolite, lontano dal comune abbigliamento e dallo stile di vita del tutto avulso dalle usanze dei suoi contemporanei: mostra infatti di prediligere la semplicità, anzi l'annientamento della propria persona e la fuga da qualsiasi conformità e compromesso, di rinunciare perfino alla propria dignità personale quanto all'aspetto e alla corporeità e di preferire la mortificazione alla legittimità del sano sostentamento alimentare.
Un uomo insomma austero e noncurante neppure di sé, il quale tuttavia giustifica le proprie scelte di miseranda vita con l'annuncio che sta proferendo nel deserto: Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri." Egli mostra cioè con veemenza di aver posposto ogni cosa al Signore, di saper attribuire il primato a Dio e di considerare ogni altra cosa alla stregua della futilità: Dio per lui è l'unico indispensabile, il referente assoluto a cui, solo, attribuire il primato e l'importanza su tutte le altre cose. Giovani insomma già con il suo stesso stile di vita mostra a tutti la necessità di Dio come elemento primario della vita dell'uomo e contestualmente anche la banalità delle altre alternative e degli espedienti che si oppongono a Dio: il suo vivere semplice, umile e sottomesso, che rifugge ogni parvenza e autoaffermazione fino a mostrare la rinuncia a se stesso e alla propria vita attesta già agli uomini come sia importante che si torni a Dio.
Giovanni etimologicamente significa"Dio ha misericordia", altrimenti tradotto "Dio non dimentica". Nella sua persona e nel suo messaggio infatti noi notiamo che Dio non ha abbandonato l'uomo al suo destino di peccatore e neppure lo ha voluto condannare prematuramente, ma che si preoccupa di recuperarlo e ricondurlo alla comunione con sé, poiché Dio ama l'uomo e non vuole la sua morte e la sua perdizione, ma piuttosto la sua salvezza; e così Giovanni predica nel deserto invitando tutti quanti alla riscoperta di questo Dio amore e a predisporsi alla sua venuta: nella solitudine, nello smarrimento, nell'abbandono a cui l'umanità si assoggetta (il deserto appunto), Giovanni irrompe come voce che invita a guardare a Dio, a convincerci tutti del suo amore e della sua misericordia, a ravvivare in noi il desiderio e la speranza di essere salvati solo da Lui e quindi anche a predisporre i nostri animi alla sua venuta.
La carica portante del messaggio del Battezzatore è infatti quella dell'imminenza di Dio nella nostra vita, poiché Egli verrà fra poco a trovare l'uomo e a rincuorarlo entrando nella sua stessa dimensione storica e assumendo la pienezza della sua natura per apportarvi la novità della pace, della giustizia, della rettitudine e della gioia che Isaia (I Lettura) tratteggia con simboliche armonie poetiche e paesaggistiche nella descrizione di un sistema in cui cesseranno ostiklità, ingiustizie, cattiverie e tensioni fra soggetti umani singoli o comunità. E' risaputo che il mondo vuole la pace anche nella persona dei belligeranti e dei violenti, che si chiama giustizia e che si aspira alla fine delle oppressioni e delle lacerazioni e che si invochi da più parti la realizzazione di una società veramente umana e capace di attenzioni verso tutti, specialemente verso i più deboli. La morte sulle strade di tanti paesi in conflitto, il sangue che imbratta l'asfalto di molte vie cittadine spettatrici di attentati, rapine, furti sanguinosi richiede di fatto un giusto criterio di vita che non può che provenire dalla redicale trasformazione dell'uomo. In Cristo Dio vuole raggiungerci per indicarci una prospettiva di vita che sia confacente ai nostri stessi aneliti di tranquillità e alle nostre istanze di pacificazione, la quale tuttavia comporta l'accettazione da parte dell'uomo del Regno di Dio. Ma è appunto il cuore dell''uomo che Dio vuole trasformare nel processo di trasformazione della persona e proprio per tale finalità di mutamento Dio entra nella nostra storia. Egli prenderà il nome di Gesù Cristo e si intratterrà con gli uomini per realizzare ogni opera di condivisione con loro, per condividere con essi gioie e dolori e per istaurare un ordine di salvezza definitiva; ragion per cui non possiamo non predisporci al suo avvento glorioso né esimerci dall'andare incontro a Chi viene a visitarci. Il che si realizza attraverso un radicale mutamento di mentalità, di costumi, di preferenze, come pure nella fuga dalle illusioni e dalle vane certezze, nella trasformazione delle nostre abitudini mentali e fattive che si distolgano dal mondo e si orientino verso Dio e finalmente nelle opere che attestino di fato la nostra penitenza: le opere d'amore.
Per dirla in parole povere Giovanni ci invita a convertirci al Signore che viene, ma non nel senso che ci chieda un repentino passaggio dalle opere di male alle buone azioni, quanto piuttosto nel progressivo ma risoluto passaggio da una effimera impostazione di vita alla riscoperta del Dio della vita che viene a vivere con noi; nella comprensione della precarietà del nostro oggi di peccatori affannati nella corsa alle melensaggini e alle frivolezze illusorie, nella riscoperta della vacuità del nostro stato di miseria morale, quindi nella ricerca del Solo Dio che può salvarci e che sperimentiamo come certo compagno di vita e di avventura. La conversione a Dio non può non comportare la conseguenza di un atteggiamento convinto nelle opere di amore solidale verso gli altri.
Preparare la strada del Signore è un impegno quindi che non possiamo trascurare in nessun ambito delle nostra vita, ma che diventa più urgente e basilare nell'attesa della venuta del Dio Bambino che viene a salvarci che prende il nome liturgico di Avvento: proprio in questo tempo privilegiato che la Chiesa ci invita a valorizzare e a vivere in pienezza siamo chiamati alla predisposizione degli animi e alla fiduciosa e attenta aspettativa del Signore che viene, attraverso il concreto rafforzamento della nostra fede da coltivarsi costantemente nella preghiera, nella meditazione e nella vita sacramentale; come pure per mezzo della speranza e della fiducia indiscussa nello stesso Signore che sta per venire e soprattutto nella concretezza dell'amore fra di noi e verso gli altri. L'Avvento concretamente si traduce nel perseverare con fede, nel vivere il quotidiano fiduciosi in Dio che sta per venire, nell'amarci gli uni gli altri dimenticando eventuali screzi e malintesi o qualsivoglia causa di divisione e di ostilità, procacciando sinceramente il bene gli uni degli altri nutrendo fra di noi gli stessi sentimenti di mansuetudine e di umiltà che furono propri di Cristo e solo questro è garanzia dell'effettiva preparazione alla gloria del Cristo.
Predisporci alla venuta del Signore mostrerà di fatto i suoi risultati quando Egli sarà venuto e noi ci sentiremo soddisfatti e risollevati, ma ciò non potrà verificarsi se avremo trascurato o omesso le tappe fondamentali dell'esperienza dell'Avvento che oltre che a predisporci realizzano noi stessi in vista degli altri. Permettendoci di pregustare la gioia del Natale