Omelia (18-11-2007)
padre Paul Devreux


A prima vista il Vangelo di oggi sembra un banale telegiornale, con le solite cattive notizie. Oppure un qualche discorso catastrofico da salotto. Eppure questo certamente non è l'intento di Gesù.

I discepoli sono in ammirazione del Tempio, che doveva essere molto bello, anche perché di recente costruzione. Gesù li invita a non confidare in ciò che vedono, in ciò che sembra sicuro e solido. E' un po' come se dicesse a noi: "Non confidare nel mattone, anche se oggi sembra l'investimento più sicuro".

Poi preannuncia persecuzioni, catastrofe e distruzioni, invitando i discepoli a non disperare quando queste cose succedono, a non dare loro troppa importanza. Invita a non temere né l'uomo che uccide, né la natura ingovernabile e crudele.

E' vero che siamo preoccupati riguardo al domani e al quando e come sarà la nostra fine, vorremmo che non venisse mai! Ma non sarà cosi.

Gesù, dopo avercelo ricordato, da uomo pratico che era, ci fa una promessa: "Nemmeno un capello del vostro capo perirà".

Sappiamo che è un modo di dire, ma è un messaggio che vuole aprirci ad una speranza: il futuro non è una catastrofe, è la comunione con Dio. A questo siamo chiamati. Gesù ci dice che con la nostra perseveranza salveremo le nostre anime, con la nostra pazienza, con la fedeltà alla nostra vocazione di cristiani, con il continuare a mettere al centro ciò che da senso alla nostra vita, che è il comandamento della carità, le nostre anime sopravviveranno ad ogni difficoltà e alla morte stessa. Come i martiri che con il dono di se' continuano a parlarci, a vivere nella storia e in Dio, così noi siamo chiamati a vivere in Dio, avendo fin da oggi come orizzonte non le tenebre ma la luce.