| Omelia (18-11-2007) |
| don Marco Pratesi |
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Sorge il sole Con questo testo di Malachia siamo quasi alla fine dell'anno liturgico e dell'Antico Testamento, così come disposto nel canone cristiano. Il libro di Malachia si chiude con la presente lettura, e successivamente con l'accenno al ritorno di Elia, che la tradizione cristiana identificherà nel Precursore (e che precederà il sole, cf. Lc 1,17;78). L'anno liturgico si chiude con il richiamo al fine della storia e apre nuovamente sul tempo di avvento. Così, i due ambiti si corrispondono armoniosamente: in entrambi sono presenti i due temi della fine del tempo e della venuta del Messia. Scrittura e anno liturgico formano un'unità che è alimento essenziale per la crescita dell'uomo nuovo concepito in noi col battesimo. Allo stesso modo, la venuta del Signore nella carne richiama e chiede la sua venuta alla fine del tempo, e quest'ultima è la compiutezza della prima venuta. Tutta la storia viene così ad essere una lunga strada per la quale il Signore viene e si avvicina, la prolungata alba del sole di giustizia. Il testo di Malachia dipinge il giorno del Signore. I versetti precedenti (14-18), che è bene aver presenti, dicono una situazione di scoraggiamento, una caligine nella quale non si riesce più a distinguere "la differenza fra il giusto e l'empio, fra chi serve Dio e chi non lo serve" (v. 18). In questo buio dove bene e male appaiono equivalenti, il profeta presenta il giorno del Signore come momento nel quale le cose appaiono nitidamente. Allora l'azione del Signore sarà fuoco distruttore per gli uni, sole guaritore per gli altri. I prepotenti, i forti di sé (superbi, vv. 15 e 19) vivranno un tracollo, il crollo definitivo del loro mondo. Di fronte a costoro "che operano l'ingiustizia" (v. 19) ci si attenderebbe coloro che operano la giustizia. Leggiamo invece: "voi che temete il mio Nome" (questa è l'espressione ebraica, tradotta nella versione CEI con "cultori del mio Nome" forse per una diffidenza nei confronti dell'idea di "timore"?). L'accento cade dunque non soltanto sull'agire (che certo vi è compreso), quanto più ampiamente sulla considerazione e il rispetto di Dio come persona. Chi ha prestato attenzione a Dio e alla sua volontà sperimenterà - al contrario di chi non se ne è curato - una vivificazione, espressa in due immagini. Il sole avrà per essi "ali di guarigione", li raggiungerà cioè con effetti benefici, e li renderà vivi e vitali come giovani vitelli che saltano fuori dal chiuso, bramosi di esprimere all'aperto la loro prorompente energia (pensiamo a dei bambini che escono da scuola!). "Beati voi poveri, guai a voi ricchi" dirà Gesù (cf. Lc 6,20-26). Non dobbiamo scoraggiarci, ma mantenere viva la consapevolezza che bene e male, verità e menzogna, servizio di Dio o degli idoli sono cose ben differenti: esiste una via della vita e una della morte (cf. Sal 1; Pr 12,28; Ger 21,8). Col salmista ripetiamo: "Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. Vedi se c'è in me qualche idolatria, e guidami per la via eterna" (Sal 139,23). I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |