Omelia (28-10-2007) |
don Giovanni Berti |
Una preghiera senza Dio Clicca qui per la vignetta della settimana. "Dimmi come preghi e ti dirò come sei...". È così che si potrebbe sintetizzare il messaggio del Vangelo di questa domenica. Dal mio modo di pregare posso verificare come è la mia fede e la vita legata alla fede. La scena brevemente dipinta da Gesù con la sua parabola è uno straordinario strumento spirituale di verifica per il nostro cammino verso Dio ma anche verso il prossimo. Ci sono due uomini che stanno facendo la stessa cosa nel medesimo luogo: pregano nel Tempio del Signore. Sono preghiere animate dalla stessa fede nello stesso Dio. La differenza sembra essere a favore del fariseo che ha una vita integerrima e religiosamente impeccabile. Dalle sue parole (paga le decime, digiuna due volte la settimana e non è ladro, ingiusto..ecc) viene fuori un quadro di una vita religiosa tale da aver ben diritto di stare in piedi davanti al Signore. Il pubblicano invece rimane a distanza e proprio perché peccatore pubblico non ha molto da presentare di positivo al Signore se non la sua richiesta di pietà. Come è nello stile di Gesù, che è quello di demolire continuamente le false certezze nelle quali ci adagiamo, il ribaltamento della valutazione delle due preghiere è sorprendente. La preghiera del fariseo non ottiene nulla, mentre quella quel pubblicano riceve giustizia da Dio. La differenza non sta tanto nell'aspetto più superficiale, cioè nelle parole apparentemente arroganti del fariseo che si vanta delle sue buone azioni. Di fatto su quelle non c'è nulla da dire, è veramente un uomo religioso a posto e fa anche di più di quel che viene richiesto. E sicuramente il fariseo è davvero più bravo e moralmente a posto rispetto il pubblicano. La differenza non sta alla superficie della preghiera ma proprio nel suo profondo. La preghiera del fariseo è atea, senza Dio. Sta pregando davanti ad uno specchio, dove vede solo se stesso ma non il Signore della misericordia, e non vede nemmeno le fatiche del suo prossimo che è ridotto solo ad un ombra fastidiosa ("..non sono nemmeno come questo pubblicano"). Ma Dio per questo fariseo che può fare? Nulla. Nella preghiera il Signore è ridotto solo ad un inizio di facciata, "Dio ti ringrazio perché non sono come... ecc", dove in realtà loda e ringrazia se stesso per quanto è bravo. E bisogna riconoscere che lo è veramente. Ma Dio? Che spazio ha Dio? Nessuno... Ma questo spazio non dato a Dio alla fine porta a un disprezzo verso chi non è bravo come lui, verso chi è diverso da lui. Il fariseo si sente misura della vera religione, tutti gli altri sono adulteri, ladri... da tenere distanti. E in questo modo la fraternità è finita. E qui Gesù proprio non si riconosce. Il pubblicano con la sua preghiera che si appoggia su una vita "ammaccata" e "difettosa" dimostra invece una fede profondamente vera. Rimane a distanza, e già con questo atteggiamento riconosce la distanza che c'è tra la sua vita e la vita di Dio immensamente grande e irraggiungibile anche con la vita religiosamente più perfetta. Ma nelle sue brevi parole ("Dio abbi pietà di me peccatore") si vede tutta la sua fiducia che questa distanza tra lui e Dio sarà colmata da Dio stesso e dalla sua misericordia. Il pubblicano riconosce il suo limite ma riconosce anche la grandezza dell'amore di Dio. Clicca qui per lasciare un commento. |