Omelia (14-10-2007)
don Marco Pratesi
Confessare il Signore

Il brano del Secondo Libro dei Re racconta una parte della vicenda di Naaman, potente generale arameo colpito dalla lebbra. Preceduto dal bel racconto del suo "itinerario spirituale" (5,1-13) e seguito da una sua ulteriore richiesta e dalla vicenda del servo di Eliseo (5,18-27), il brano della liturgia odierna è centrato sulla reazione di Naaman alla guarigione, che può essere riassunta in quattro momenti.
Prima di tutto egli torna da Eliseo, "con tutto il seguito", in modo solenne. È ancora un atto di umiltà: Eliseo in precedenza aveva comunicato con lui, personaggio di rango, soltanto attraverso un intermediario (cf. 5,10). È il coronamento del percorso che lo ha portato alla guarigione (ma del quale la lettura tace).
È curioso che egli per prima cosa non ringrazi Eliseo ma piuttosto - secondo elemento - "renda gloria a Dio" (per usare le parole di Gesù nel Vangelo odierno, Lc 17,18), e confessi il Dio di Israele: "ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele" (v. 15).
Terzo: come espressione di gratitudine egli desidera fare un dono al profeta, ma questi rifiuta. Partendo aveva preso con sé una ricchezza cospicua (5,5), Eliseo avrebbe certo potuto usarla per fare tante cose utili, ma dev'essere chiaro che i doni di Dio non si pagano. E Naaman accetta di restare "debitore" di Dio, cosa tutt'altro che banale.
Egli chiede allora di prendere con sé un po' di terra d'Israele per offrirci sopra sacrifici e preghiere al Dio d'Israele; Eliseo dà la benedizione a questa iniziativa (5,19).
Al di là delle riflessioni suggerite dal comportamento dei personaggi, c'è un messaggio essenziale rivolto a Israele, propenso a dimenticare i benefici di Dio, di cui la terra promessa è l'espressione più concreta ed evidente, e tentato di cercare salvezza in altri déi, fuori d'Israele (cf. 2Re 1,6). Una delle idee centrali della storia deuteronomistica (Deuteronomio, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re) è proprio questa: se Israele ricorda i benefici di Dio, vive e prospera; se li dimentica, li perde. "Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, (...) il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto. (...) Ma se tu dimenticherai il Signore tuo Dio e seguirai altri dèi e li servirai e ti prostrerai davanti a loro, io attesto oggi contro di voi che certo perirete!" (Dt 8,12-19; cf. 4,9-10.40; 6,10-19; 31,16-18, etc.).
Non c'è nessun bisogno che Israele si rivolga a déi stranieri, al contrario: sono i popoli che verranno al Dio d'Israele. Naaman rappresenta le nazioni pagane che, mentre sono chiamate alla salvezza, e non senza stare in qualche modo sulla "terra d'Israele" - tutti noi discepoli di Gesù vi poggiamo i piedi -, suscitano la gelosia d'Israele (cf. Rm 11,11) in modo che "giudei e greci" (cf. At 14,1; Rm 3,9; 1Cor 12,13), siano chiamati a una salvezza che è per tutti (cf. salmo responsoriale).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.