Omelia (30-09-2007) |
don Marco Pratesi |
Piacere, ricchezza, indifferenza La parola del profeta Amos, pur vecchia di quasi duemilaottocento anni, arriva diretta all'attualità. Egli traccia un quadro delle classi alte del Regno di Israele (del Nord: la menzione di Sion, dunque del Regno di Giuda, al v. 1 sembra un'aggiunta posteriore attualizzante), presentate come amanti del lusso, dei piaceri della tavola, della cura del corpo, degli svaghi e delle feste. Oltre a ciò, la loro situazione è caratterizzata da due elementi. Il primo è il senso di sicurezza. Basato su che cosa? Sulla ricchezza stessa, che diventa facilmente un idolo proprio in quanto dà l'illusione di poter salvaguardare solidamente la vita. Il benessere produce un senso di onnipotenza che è spesso stigmatizzato nella Bibbia. Il testo suggerisce anche un'altra sfumatura, che diviene meglio percettibile traducendo il v. 1: "quelli che si sentono sicuri per la montagna di Samaria". La montagna di Samaria, la capitale del regno è la base della loro fiducia, che risulta dunque anche dal complesso dell'organizzazione sociale, avvertita come un potente, solido supporto del proprio modo di vivere. Il secondo elemento richiamato da Amos a proposito di questi "buontemponi", è il loro completo disinteresse per quello che succede al popolo, specificamente per il suo sfacelo, qui non ulteriormente precisato. Non ne sono toccati. Miopi, non sanno vedere oltre il proprio orizzonte personale. Anche questo è caratteristico della ricchezza, che facilmente impedisce di percepire la sofferenza altrui e ottunde la capacità di guardare al di là di se stessi. L'esito di tutto questo è l'esilio e la fine del Regno del Nord. Con un gioco di parole ebraiche, "i notabili della prima fra le nazioni" (v. 1b), abituati ad ungersi "con i primi", i migliori unguenti (v. 6a), andranno "col primo dei deportati" (v. 7), venendo così a palesare l'inconsistenza di questi umani "primati". Il quadro descritto da Amos sembra riprodursi su ben più vasta scala nel mondo attuale. Molti di coloro che vivono nel benessere sembrano incapaci di uscire dal loro guscio per rendersi conto della reale portata dei problemi, al più cogliendoli solo nella misura in cui essi irrompono direttamente nella propria vita. Dalla società e dallo stato si pretende che garantiscano i propri standard di vita, senza che ci sia una corrispondente preoccupazione per la giustizia. Nelle società fondate sul culto dell'apparenza, dell'autoaffermazione e della perenne giovinezza ci si lamenta per la crescente insicurezza, ma non si è disposti a mettere in discussione questi discutibili fondamenti. Da tali premesse non possono che scaturire per tutti disordine e sofferenza. Amos ce lo rammenta: ricerca del piacere, superbia della ricchezza, indifferenza alle sofferenze altrui producono rovina. I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |