Omelia (23-09-2007) |
don Remigio Menegatti |
Lo sguardo del Signore è sopra il povero (317) Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature La prima lettura (Am 8, 4-7) ci presenta il richiamo forte che Dio – attraverso il suo profeta Amos – rivolge al popolo che ha dimenticato il cammino comune, e vive l'ingiustizia: chi ha di più sfrutta i poveri per guadagnare, approfittando dell'indigenza di chi dovrebbe venir riconosciuto come fratello. Chi vive questa realtà sopporta a malincuore i giorni di festa – dedicati al culto – che interrompono i loro disonesti vantaggiosi traffici. I malvagi si organizzano bene per ottenere oltre il dovuto, falsando a loro favore le bilance, arrivando anche a vendere i loro fratelli al prezzo di un paio di sandali. Ma Dio assicura di non rimanere estraneo: non dimentica le opere malvagie di quanti si dicono suo popolo, sua eredità. Il vangelo (Lc 16, 1-13) ripropone una parabola raccontata da Gesù per mettere in evidenza un comportamento contrario alle esigenze dell'Alleanza: quando il denaro diventa un idolo a cui sacrificare tutto: l'onestà, la solidarietà, la fede in Dio, il rispetto per i propri fratelli. L'amministratore infedele è segno di chi sa cogliere al momento opportuno le occasioni che gli si presentano. Così dovrebbe fare anche chi vuole diventare discepolo di Gesù, riconoscendo il tempo della salvezza e seguendo la proposta di Gesù. Salmo 112 Lodate, servi del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre. Su tutti i popoli eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria. Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra? Solleva l'indigente dalla polvere, dall'immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo. Il salmo è un invito a lodare il Signore, che viene presentato nelle sue caratteristiche: il Dio di tutti gli uomini, l'unico vero Signore, colui che prende le difese dei poveri. In sintesi sono riuniti alcuni temi essenziali alla fede del popolo eletto: si inizia ricordando il suo compito di riconoscere e manifestare la grandezza di Dio, l'unico creatore, il solo vero Dio, contrapposto agli idoli degli altri popoli – "chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto...?" –. La lode a Dio si manifesta anche nell'amore verso il prossimo. Questo "comandamento" rivolto all'uomo, trova la sua radice e il senso ultimo nel fatto che anche e soprattutto il Signore si mette dalla parte degli ultimi, per liberarli dalla loro triste situazione: "solleva l'indigente dalla polvere, dall'immondizia rialza il povero" perché ama ognuno di quanti ha liberato dalla schiavitù. Chi vuole lodare degnamente il Signore deve partire dall'imitare il suo amore per i piccoli e poveri, per quanti rischiano di apparire credenti di seconda categoria, allontanati dai propri fratelli che si chiudono nel loro egoismo. Un commento per ragazzi Ci sono esperienze che uniscono molto quanti hanno l'opportunità di condividerle; soprattutto se si tratta qualche brutta situazione risolta positivamente si creano positive e stabili relazioni con i compagni di avventura. Il pericolo rende solidali, e tale sintonia di solito rimane anche quando tutto si risolve e... "torna a splendere il sole!". Risulta perciò meno comprensibile e più odiosa la tensione e le divisioni tra chi si era unito e aiutato nel momento di difficoltà che ora sembra aver dimenticato. Qualcosa di simile era accaduto anche per il popolo ebreo: un gruppo di schiavi, discendenti di Abramo, sperimenta un intervento straordinario di chi veniva ricordato e invocato come il Dio dei loro antenati. La liberazione dalla schiavitù e il cammino verso una terra favolosa, promessa ad Abramo e alla sua discendenza, sono i fatti che mettono in comunione queste persone tanto con il loro liberatore potente quanto tra loro stesse. La salvezza trasforma degli individui in un popolo unito, solidale, forte. Tutto ciò è possibile in quanto Dio sta dalla loro parte, e perché loro stessi sono legati da vincoli che sembrano definitivi. Avviene invece, col passare del tempo, che i legami con Dio e con il prossimo cominciano ad allentarsi; nelle celebrazioni si continua a ripetere il comandamento del duplice amore – verso il Signore e verso il prossimo – ma si fatica sempre più a viverlo. Alla preghiera e ai vari gesti liturgici non corrisponde più un comportamento solidale; alcuni si arricchiscono, e ciò avviene sulla pelle di chi – pur essendo loro fratello – diventa sempre più povero. Il Signore però non rimane indifferente a questo declino della sua Alleanza: manda spesso i profeti a richiamare il popolo sulle esigenze di vera fedeltà. Più che la precisione dei gesti di culto, più che i digiuni e le offerte al tempio, ciò che conta è la solidarietà tra quanti sono stati liberati e resi così un unico popolo, forte solo se rimane anche solidale. Il rischio è di sostituire al vero Dio degli idoli, e tra questi un posto particolarmente interessante lo prende il denaro. Gesù arriva a dargli un nome – "mammona" – che indica come per molti sia un idolo vero e proprio, un divinità con tanto di nome e di culto. Un culto che non si può accostare a quello di Dio; non risulta possibile adorare Dio nella liturgia del tempio e con le preghiere quotidiane, e poi sottomettersi al potere del denaro che rompe qualsiasi legame positivo. L'altro non è più un fratello, con cui si condivide la stessa salvezza; è divenuto un creditore da cui sottrarsi o un debitore a cui non risparmiare alcuna pressione in vista del diritto ai propri beni. La ricchezza ingiusta, ottenuta pesando sugli altri – che diventano così sempre più poveri – è un chiaro ostacolo all'accoglienza del Regno di Dio. Da qui l'invito a diventare solidali: usare la ricchezza per farsi degli amici, che un giorno possano intercedere per noi e ricordare dei gesti di misericordia e solidarietà ricevuti. In tal modo possiamo trovare aperta la porta per entrare alla festa della vita. Il denaro è solo uno strumento per vivere onestamente, e aiutare altri a vivere meglio, ricordando che si è nati dalla stessa opera di salvezza, avendo ricevuto la stessa promessa e il dono di una medesima Alleanza. Come sempre cerchiamo di non restare semplici spettatori e tanto meno giudici di altri, di non attribuire questo richiamo forte solo a chi era attorno a Gesù in quel tempo. La Parola di Dio è viva e penetrante, come una spada a due tagli – ci direbbe san Paolo – una parola quindi che interpella noi, piccoli e grandi, ognuno con la sua vita e le sue possibilità di fare il bene o di rendere il denaro come un idolo. Un idolo perché siamo sottoposti anche noi alla tentazione possedere l'ultimo modello di cellulare o lettore multimediale, la felpa e i pantaloni firmati, e altri accessori non certo presi sui banchi del mercato rionale. La tentazione di rendere le cose così importanti che si mettono in secondo piano le persone, a cominciare dagli amici, con cui possiamo condividere certamente tante cose positive e a cui dovrebbe legarci una amicizia superiore a certi bassi interessi. Un suggerimento per la preghiera O Padre, ti ringraziamo perché "ci chiami ad amarti e servirti come unico Signore". Riconoscendo la tua paternità ti chiediamo: "abbi pietà della nostra condizione umana; salvaci dalla cupidigia delle ricchezze, e fa' che alzando al cielo mani libere e pure, ti rendiamo gloria con tutta la nostra vita". Lo chiediamo con il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro fratello, colui che ci insegna a vivere da veri figli tuoi. |