Omelia (09-09-2007)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
"Chi di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo".

Come vivere questa Parola?
"Questo linguaggio è duro: chi può intenderlo?" ci verrebbe da dire con le folle scandalizzate dal discorso eucaristico di Gesù. Oggi, infatti, è più facile accettare di "mangiare la carne del Figlio dell'uomo e di bere il suo sangue" che non di allontanarsi dalla logica del più avere, dell'arraffare a ogni costo. Si parte da un'oggettiva e irrinunciabile necessità, dal sacrosanto diritto di garantire a se stessi e alla propria famiglia un'esistenza dignitosa, ma poi si trasborda facilmente in un insaziabile accaparramento di beni che sconfinano abbondantemente nel superfluo. È l'impero di "mammona", elevato a idolo dinanzi a cui si consuma il sacrificio della stessa propria vita. Fagocitati da un lavoro sfibrante, non si trova più il tempo per la famiglia, le amicizie, l'indispensabile incontro con se stessi e con Dio. Diventa allora impossibile mettersi alla sequela di Chi ci indica la via della libertà e della signoria su se stessi e sulle cose. I beni ci sono dati perché ne godiamo e ce ne serviamo, non per diventarne schiavi.
"Se l'uomo guadagnasse il mondo intero, ma poi perdesse se stesso, a che cosa le gioverebbe?". Ancora una volta, ciò che Gesù chiede è in vista di una qualità di vita che trascende ogni nostro stesso desiderio e non uno sterile e insano svilimento delle nostre possibilità. La rinuncia a tutti i propri averi (che non si identificano solo con le cose, ma anche con le doti personali) va intesa nella linea dell'esercizio della libertà e della regalità di cui siamo insigniti. Uso intelligente e libero, guidato dal criterio della carità e del rispetto delle reali esigenze umane, che vanno ben oltre il soddisfacimento immediato ed esclusivamente materiale.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, verificherò il mio modo di rapportarmi con il lavoro: è per me il libero esercizio delle mie potenzialità e un servizio d'amore che rendo alla famiglia e alla società o, piuttosto, un'opprimente schiavitù a cui non riesco più a sottrarmi per l'avidità di avere sempre di più?

Padre, mi hai creato signore dell'universo, hai affidato alle mie mani la cura del creato nobilitando il lavoro. Non permettere che io mi svilisca rendendomi schiavo delle cose o dell'ambizione di apparire. Trasforma il mio fare in un servizio di carità.

La voce di una santa di oggi
Quando le cose si impadroniscono di noi, diventiamo molto poveri. Dobbiamo liberarci dalle cose per essere pieni di Dio.
Madre Teresa di Calcutta