Omelia (30-09-2007) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Conseguenze drastiche per chi è "ricco" La scorsa Domenica si parlava dell'ingiusto dislivello mai estinto fra i ricchi, sempre più ovattati nelle loro sicurezze e nelle smanie di possesso, e i poveri, che sono sempre più numerosi e oggetto di continue ingiustizie, soprusi e cattiverie. Cìè chi accresce il proprio patrimonio materiale sfruttando le condizioni di miseria in cui versano tante persone e approfittando della loro debolezza. Adesso però siamo invitati a guardare alle conseguenze della voluttà e della miseria morale che il possesso sproporzionato e innecessario dei beni comporta e l'accento della liturgia della Parola cade sempre sulla condanna dei ricchi. Intendiamoci: non si vuole deprezzare in alcun modo la persona del ricco intesa come il possessore di beni, il proprietario terriero, l'industriale o chiunque disponga di un considerevole numero di beni materiali, giacché il guadagno e il possedimento in se stessi non recano alcun danno a nessuno e offrono anzi concrete posssibilità di apertura e di genersoità nei confronti del prossimo bisognoso e di chi versa nella necessità; quel che si vuole sisapprovare in queste letture è poittosto la cupidigia che conducie al guadagno sfrenato molte volte inconsulto precludendoci ogni apertura agli altri: l'eccessiva sicurezza nei beni materiali, l'affanno nell'accumulare e nel moltiplicare i nostri beni, la bramosia di possesso conducono a riscontrare come necessario quello che in realtà è solo marginale e di conseguenza a procciarci mere illusioni nel piacere effimero e nella frivolezza. Ciò apporta alla conseguenza della distruzione anticipata della nostra vita che si riscontra nell'illusione di vivere e nella futilità di molte nostre azioni che si commenta da se stessa a motivo della sua meschinità, ma nell'ottica di Dio la conseguenza è quella della giustizia, ossia della realizzazione del diritto degli oppressi e della sconfitta definitiva dei potenti. La Scrittura, seppure descrive ripetutamente le situazioni di disuguaglianza sostanziale fra ricchi e poveri prende tuttavia le difese di questi ultimi, considerati come i prediletti da parte di Dio (anawim) promettendo la giusta ridistrubuzione delle parti. Dio si mostra sempre benevolo nei confronti dei sofferenti e sempre pronto a ricompensare equamente e in modo proporzionato quanti soffrono le privazioni e l'umiliazione da parte dei potenti e non manca di attribuire a ciascuno il giusto merito. Nei testi biblici si prendono sempre le distanze dalle altezzosità degli uomini facoltosi e presuntuosi e ci si avvicina con amore agli ultimi e ai poveri, questi considerati come il primario oggetto della benevolenza divina. Che Dio si schieri dalla parte dei miseri, degli umili e degli indigenti è cosa evidente e a dir poco facile a verificarsi attraverso la Scrittura, e soprattutto nel nostro Signore Gesù Cristo, che si è reso Egli stesso ultimo e meschino anche in senso materiale sin dall'infanzia per poter condividere la stessa condizione di precarietà e di sofferenza dei poveri, mentre il suo ministero, se qualche discriminazione o preferenza di persona ha messo in atto, certo questo è avvenuto per la difesa e la tutela dei poveri. Così la prima lettura del profeta Amos, intento a condannare la dissolutezza e la cattiveria del popolo di Samaria dell'VIII secolo, ci ravvisa del triste destino che è riservato a coloro che sono fautori di torti e di cattiverie verso i poveri; concetto che si rende ancora più evidente nella seconda parte del nostro assunto parabolico, cioè nella circostanza di morte dell'uomo ricco che non può più tornare indietro nemmeno a preavvisare i parenti perché non facciano la stessa fine: ormai infatti è troppo tardi, giacché in vita aveva ricevuto da parte della Scrittura moniti ben precisi in vista dell'amore al prossimo e nulla può giustificarlo adesso se lui non li aveva osservati. Inoltre, se qualcuno davvero tornasse dall'aldilà ad ammonire i viventi perché si comportino bene non è affatto garantito che questi emenderebbero la propria condotta: vi sono infatti persone che non mutano i loro atteggiamenti neppure di fronte ai miracoli e alle apparizioni, poiché se non vi è alla base al conversione del cuore e la convinzione suscitata dalla Parola di Dio nessun obiettivo è mai possibile a realizzarsi, tantomeno quelli inerenti al nostro emendamento. Gesù nella parabola descrive comunque il ribaltamento della situazione fra il povero e il ricco una volta che ci si trovi al cospetto di Dio: chi ha ingiustamente sofferto sarà innalzato ed elevato anche perché le privazioni gli hanno intanto infuso amore e sensibilità per le cose del Regno permettendogli di incrementare la propria conficenza con Dio, chi invece si è vantato delle proprie ricchezze riponendo ogni fiducia sui beni e sul possesso materiale pagherà il frutto delle sue certezze illusorie. Ma vi è anche un altro espediente con il quale Dio intende intervenire operando il giusto e perseguendo il bene ed è quello di raggiungere i poveri attraverso la nostra sensibilità alle opere di bene e all'apertura nei confronti di chi ha bisogno e per questo occorre che anche noi ci rendiamo struementi della giustizia di Dio che in fondo è solo amore donando noi stessi e quanto abbiamo a disposizione a beneficio dei miseri e dei sofferenti e soprattutto eliminando da noi stessi quel morbo maligno quanto inutile che è l'indifferenza. |